Il Tribunale ordinario di Roma, Sezione diritti della persona e immigrazione civile, ha accolto il ricorso proposto dagli avvocati di Progetto Diritti, Mario Antonio Angelelli (Presidente) e Sofia Guerrieri, avverso il provvedimento con il quale l’Ambasciata d’Italia a Dhaka aveva rigettato le domande di visto di reingresso avanzate dalla moglie e dai due figli minori nati a Roma di un cittadino bengalese e per l’effetto ha ordinato il rilascio dei visti in questione. Il ricorrente nel 2014 aveva fatto arrivare la moglie in Italia tramite la procedura di ricongiungimento familiare e qui successivamente erano nati i due figli minori. Alla fine del 2019 tutta la famiglia era tornata in Bangladesh per fare visita ad alcuni parenti ed era rimasta bloccata nel Paese per lo scoppio della pandemia da Covid-19. Quando alla fine del 2020 era stato possibile tornare a viaggiare, il permesso di soggiorno della moglie e dei figli era già scaduto, così il ricorrente era stato costretto a rientrare in Italia da solo; inoltre la moglie, dal febbraio 2020 all’ottobre 2022, era stata in cura per uno stato depressivo che le aveva impedito di viaggiare. Quando erano state presentate le domande di visto di reingresso l’Ambasciata le aveva rigettate per “mancanza dei requisiti prescritti dall’art. 8 commi 3 e 4 del DPR 394/99, nonché dal decreto interministeriale n. 850/2011, in quanto risulta aver lasciato il T.N., di risiedere in Bangladesh e di essere sprovvisto di permesso di soggiorno valido”, decisione che non aveva tenuto conto né dei gravi motivi che non avevano permesso ai familiari del ricorrente di fare rientro in Italia nei limiti di tempo consentiti, né, tantomeno, del superiore interesse dei minori e dei legami familiari, in violazione delle direttive europee sul diritto al ricongiungimento familiare di un cittadino di un Paese terzo e delle norme poste a tutela del diritto alla vita privata e familiare. La giudice Dott.ssa Silvia Albano, dopo aver ritenuto infondata l’eccezione sollevata da parte resistente in ordine al difetto di legittimazione ad agire del ricorrente, nel merito ha stabilito che deve essere considerato preminente il superiore interesse del minore in quanto principio di ordine pubblico interazionale sancito in primo luogo dalla Convenzione sui diritti del fanciullo stipulata a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176. In forza di tale principio “si ritiene che, nonostante il superamento dei termini previsti dalla normativa per l’ottenimento di un visto di reingresso, il diritto all’unità familiare debba trovare tutela attraverso il rilascio di un nuovo visto per motivi familiari ai sensi dell’art.20 D.lgs. 150/2011, in base al quale la sentenza che accoglie il ricorso nelle controversie ex art.30 comma 6 TUI può disporre il rilascio del visto anche in assenza del nulla osta.”