Un nuovo morto per strada, dal mare, attraverso il porto. Quello di Ancona.
Il comunicato dell’osservatorio Faro sul Porto
Il 23 giugno, alle ore 15:30 la polizia stradale di Senigallia ha rinvenuto il corpo di Amir Rhol, nato a Kabul nel 1990. Amir era partito due anni fa per la Turchia, dove assieme al cugino aveva cominciato a lavorare in una pizzeria. Il 29 novembre 2008 avviene in Turchia la sua prima richiesta d’asilo. Poi Amir raggiunge la Grecia e sottoscrive un documento di autocertificazione del nucleo familiare. Anche se il cugino di Amir racconta che aveva già tentato di raggiungere l’Italia due volte, ed entrambe le volte è stato riammesso, non possiamo esserne certi. Infatti in Italia e in Grecia Amir non è stato registrato «perché – stando a quanto dichiarato dalle autorità – chi viene intercettato in Grecia, nella penisola, non entra nella banca dati Schengen. Diversamente avverrebbe se qualcuno fosse intercettato in un isola greca».
L’ultima riammissione in Grecia sembra comunque risalire a due mesi fa. Il testimone oculare, un automobilista che ha visto la scena dell’ “incidente” ha riferito alla Polizia Stradale che, al momento del fatto, lui si trovava nella sua autovettura dietro al camion sul quale presumibilmente si era nascosto Amir. Alle ore 15.30 all’altezza dello svincolo del casello autostradale di Ancona Nord, sulla SS76, l’automobilista ha riferito di aver visto cadere dall’asse del camion un qualcosa che somigliava ad un pneumatico. Una volta avvicinatosi, ha purtroppo realizzato essere il corpo di una persona, le cui gambe erano completamente spezzate e girate sotto il petto.
Il ragazzo è morto per emorragia alle 18.30 all’ospedale regionale di Torrette, durante un tentativo di operazione chirurgica. Lo stesso testimone ha intravisto che nelle mani il ragazzo stringeva un pezzo di carta; si tratta della stessa richiesta di asilo politico, fatta in Turchia, ora nelle mani della Polizia Stradale. Amir aveva con sè anche una rubrica, alcuni contatti, una foto tessera e un tesserino universitario; era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza di Teheran. E’ sempre il cugino l’unico parente che raggiungerà l’Italia per il riconoscimento del corpo, con un visto per turismo: sarà lui poi a parlare con la famiglia del ragazzo, con i fratelli minori e soprattutto con il padre che soffre di problemi di cuore.
Un episodio analogo a quello che ha visto tragicamente coinvolto Amir era già avvenuto circa due anni fa: un uomo di origine cinese rimase travolto, come Amir, dal Tir che l’aveva condotto in Italia. Quella volta non riuscirono ad identificarlo e rimase un numero su una bara.
Come scrive Basir Ahang, “un desiderio finito sotto le ruote di un tir“, niente di più vero. Un desiderio che nasce in Afghanistan, si riproduce in un percorso fatto di confini e campi, si blocca a Patrasso e si nasconde sotto un tir per l’Adriatico, poi si infrange sull’asfalto di un paese “garante dei diritti umani”. Perché si è costretti a nascondersi? Perché una volta entrati in Italia non si viene ascoltati nel grido “asilo!”? C’è solo un motivo, e ne abbiamo viste sin troppe per non crederci. Il diritto di asilo in Italia, oggi, sta progressivamente abbandonando il nostro ordinamento. Il problema connesso all’asilo è relativo non tanto al suo riconoscimento quanto più alla negazione del diritto di richiederlo.
Faro sul Porto
Foto tratta da Flickr Mrz-76