Turchia, si apre il processo contro sindaci e attivisti kurdi

Si è aperto ieri a Diyarbakir, nel sudest della Turchia, il processo che vede imputati 151 attivisti ed esponenti politici kurdi.

Tra le accuse formulate a loro carico, c’è quella di avere legami con il Partito dei lavoratori dal Kurdistan (Pkk, l’organizzazione armata accusata di terrorismo da Ankara, Stati Uniti e Unione europea), di attentare all’unità dello Sstato e di diffondere propaganda terroristica.

Dei rinviati a giudizio, 103 si trovano in stato di arresto e sono stati condotti in tribunale dalla polizia, sotto ferree misure di sorveglianza.
A presenziare al processo ci sono esponenti del Partito della pace e della democrazia (Bdp), la principale formazione kurda in Turchia, e decine di osservatori giunti da tutta Europa.
“Questo è un processo cruciale per il popolo kurdo”, ha detto il presidente del Bdp Selhattin Demirtas, che ha anche ringraziato tutte le delegazioni presenti a Diyarbakir.
 
 
TRA GLI OSSERVATORI INTERNAZIONALI L’AVVOCATO FEDERICA SORGE DI PROGETTO DIRITTI
 

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ELENCO REPORT AGGIORNATI

 

18/10/2010

19/10/2010 

 
LINKS 
 
Pagina Facebook con i Report da Diyarbakir :
http://www.facebook.com/home.php#!/notes.php?id=113240932071068
 
1) In diretta da Diyarbakir, 1 (Processo e Delegazione)
http://www.facebook.com/notes/1998-2010-ancora-piazza-kurdistan/in-diretta-da-diyarbakir-1-processo-e-delegazione/162771763750921

2) Il REPORT scritto dalla Delegazione Italiana a Diyarbakir
http://www.facebook.com/note.php?note_id=162815917079839
 
3) Conf-stampa 18.10.2010: presidente BDP Demirtaş
http://www.facebook.com/note.php?note_id=162934113734686

 
4) 3º giorno Processo Diyarbakir: dall’Aula del Tribunale
Il REPORT scritto dalla Delegazione Italiana a Diyarbakir :
http://www.facebook.com/home.php#!/notes/1998-2010-ancora-piazza-kurdistan/3o-giorno-processo-diyarbakir-dallaula-del-tribunale/163456610349103

5) Delegazione italiana a Diyarbakir per il processo conto la società
civile kurda, secondo giorno (19 ottobre 2010).
http://www.facebook.com/notes/1998-2010-ancora-piazza-kurdistan/delegazione-italiana-a-diyarbakir-per-il-processo-conto-la-societa-civile-kurda-/163117207049710
 

 


 

18/10/2010 

Nel pomeriggio, mentre in tribunale  proseguiva il processo, la piazza si  riempiva di gente fino all’inverosimile  fino a rioccupare il lato della strada precedentemente liberato. La polizia questa volta non è intervenuta, una parte  delle squadre antisommossa e dei blindati  rientravano nelle caserme. Questa volta la forza e la compostezza del popolo kurdo hanno avuto la meglio.

Lasciamo la piazza dopo le ore 18  perchè impegnati  in un incontro con Selhattin Demirtas.

Conferenza stampa 18.10.2010 ore 19 con Selhattin Demirtas,  presidente del BDP

Il presidente ha rilasciato le seguenti dichiarazioni:

“ Questo é un processo cruciale per il popolo kurdo.  Ringrazio tutte le delegazioni presenti che hanno svolto oggi un ruolo importante; e questa è già una prima vittoria.

Gli amici che sono venuti dall’Europa non sono arrivati qui  solo per vedere, ma per svolgere un ruolo  di sostegno per il kurdistan   e di stimolo per l’intera Europa. Per questo motivo il processo  ha creato anche una opportunità  di solidarietà  tra noi e quel mondo che si batte per  la giustizia e i   diritti umani. Questo è molto importante perchè rappresenta una opportunità di cambiamento.

Essendo l’aula del tribunale troppo piccola per contenere tutti, hanno deciso di costruirne una nuova e più grande,  parallelamente anche  alla progettazione di un nuovo carcere a Diyarbakir, per contenere tutti i nuovi detenuti.

Coloro che hanno oggi seguito il processo, hanno potuto constatare che la Corte  si è comportata in maniera ambigua, in modo apparentemente accomodante, perchè sa bene che tutto il mondo li stà osservando.

I Guidici  hanno fatto  l’appello  e gli imputati hanno risposto in kurdo. Gli avvocati hanno chiesto di ritirare l’atto d’accusa  ( composto di ben 7.000 pagine!)   ed hanno contestato  la legittimità stessa dei capi di imputazione.  Gli avvocati della difesa  hanno dichiarato  che intendono svolgere  la difesa in kurdo;  la Corte si è riservata di decidere  rinviando all’udienza  di domani.

La Corte potrebbe:  A) accogliere le richieste degli avvocati; B) riassumere in 900 pagine i capi di imputazione;   C)  non decidere sull’uso della lingua e qualora gli imputati parlassero in kurdo o acconsentire o vietarne l’uso.

Al ternime di ogni singola udienza gli avvocati chiederanno la liberazione degli imputati, costringendo i Giudici a pronunciarsi sul punto.  Per il 12 novembre è prevista la chiusura di questa fase processuale,  ma riteniamo ci siano poche possibilità che le decisioni  prese siano quelle auspicate.

Se il processo non dovesse concludersi in tempi brevi  chiediamo alle delegazioni internazionali   di proseguire con l’attività di sostegno.  Anche dalle città  vicine   arriveranno a Diyarbachir  molte persone per manifestare il loro appoggio  agli imputati”

Un parlamentare inglese interviene  per ringraziare, sottolineando la chiarezza della difesa degli imputati, evidenziando che questo non è un processo   con contenuto tipicamente penale  ma spiccatamente politico.

Selhattin Demirtas  risponde che,   in realtà  si tratta di un processo politico,  che ci sono 1.500 persone sotto giudizio e che questo di Diyarbakir  riguarda 103 imputati, ma vi sono processi anche a Sirt, Adana , Batman . .  qui a Diyarbakir  gli imputati sono stati processati più tardi degli altri. Questo di oggi è quello principale  gli altri processi sono a questo collegati.

 

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19/10/2010
 
Stamane, come ieri mattina, ci siamo recati di fronte al Tribunale con il grande striscione colorato (“Liberi tutti” in italiano, kurdo, turco e inglese), c’era moltissima popolazione kurda, ed anche una folta presenza di giornalisti di quotidiani, televisioni, radio.
 
La nostra delegazione si è divisa in due gruppi: un gruppo è entrato nell’aula del tribunale, dove ha seguito direttamente lo svolgimento del processo; un altro gruppo è rimasto fuori, tra la gente; il presente comunicato si riferisce a tale secondo gruppo ed a quanto accaduto fuori del tribunale; un successivo comunicato esporrà dettagliatamente ciò che è successo dentro l’aula, qui anticipiamo solo che lo svolgimento odierno del processo ne fa una giornata di importanza ‘storica’.
 
Il clima di fronte al tribunale era assai movimentato, con un forte spiegamento di polizia.
Poi, come ieri, è arrivato il blindato della polizia che portava al processo i detenuti imputati, ma con una novità: infatti ieri essi avevano fatto il saluto kurdo con le dita a “V” sporgendo le dita fuori dei piccolissimi finestrini dei blindati, e le foto di questo loro saluto erano state pubblicate sulla prima pagina del quotidiano kurdo “Günkük”, suscitando una forte reazione emotiva; oggi, per evitare che ciò si ripetesse, i finestrini erano chiusi!
 
La nostra presenza poco dopo (verso le 9,30) ha suscitato una dura reazione della polizia (abbigliata in tenuta antisommossa), che ci ha intimato di allontanarci, hanno abbassato le visiere degli elmetti e cominciato a spintonarci, a spingerci contro le transenne metalliche della strada, e, di fonte alla nostra resistenza, a stringerci ed ‘imbottigliarci’. Abbiamo risposto intonando, come ieri, “Bella Ciao”.
Poi ci siamo trasferiti di fronte al Municipio, dove verso le 13 Antonio Olivieri ha letto in italiano un messaggio (Conferenza-Stampa) da parte della Delegazione, rivolto alla popolazione di Diyarbakir, e che è poi stato immediatamente letto in turco da un amico kurdo.

Come anticipato, seguirà un secondo nostro comunicato, con il resoconto odierno del processo in aula.

Ecco qui ora il testo del messaggio (Conferenza-Stampa) di Antonio Olivieri appena menzionato:

Roj Baş Kurdistan!

Siamo qui per sostenere i vostri, e nostri, amici che sono in carcere da mesi. Sono sindaci, amministratori, dirigenti di associaziomi, semplici militanti. Sono donne e uomini che tutti i giorni hanno lavorato con il popolo, lo hanno ascoltato, hanno costruito insieme a loro i servizi essenziali – fognature, acquedotti, strade, centri sanitari – in citta’ e villaggi dove mancava tutto. Hanno praticato la democrazia dal basso.
E’ per questo che li hanno arrestati. E’ per questo che li tengono in carcere da 17 mesi. Questo progetto intimidatorio mirato a neutralizzare la societa’ civile kurda é cominciato prima delle elezioni amministartive del marzo 2009. Gıa’ durante la campagna elettorale si era verificata un’escalation di violenza e pressioni da parte dello stato turco. Sette persone sonmo morte, cinque nella sola Diyarbakır. Due settimane dopo il grande successo del partito kurdo DTP alle elezioni, precisamente il 14 aprile, è cominciata una campagna repressiva concretizzatasi in ondate di arresti dei membri del partito e della societa’ civile e infine con la chiusura del DTP stesso.

Vogliono ridurli al silenzio, vogliomo mettere loro il bavaglio, vogliono tenerli lontani da voi, dal loro popolo. L’accusa di terrorismo è una farsa, è un’ignobile bugia.
Questo governo ha una grande responsabilita’: ha costruito con una montagna di false accuse un processo politico contro la societa’ civile kurda.
Bisogna gridarlo forte a quest’Europa silente e affarista, pretendere che sia presente qui con i suoi rappresentanti, anche con i Suoi governi, oltre che con noi internazionalisti. Abbiamo consegnato agli avvocati della difesa ordini del giorno e comunicati di solidarieta’ da parte dei comuni e delle provincie italiane e questo materiale dovra’ far parte delgi atti del processo.
Questa municipalita’, il Comune di Diyarbakır dove stiamo a migliaia, è la casa del popolo, luogo d’incontro e di lotta, cosa impensabile altrove. Conservatela questa ricchezza: insegna molto anche a noi europei.
Tornando in Italia porteremo con noi la solidarieta’ e l’orgoglio del popolo kurdo, i colori e i fiori di questa terra meravigliosa, una terra che da 27 anni conosce solo guerra e massacri. E’ tempo di gridare: “Basta! Edi bese”. Ora è il tempo della pace: la dobbiamo fare, la vogliamo fare, per voi, per noi, per l’Europa, per il mondo intero.

Spas

 

Secondo giorno di udienza e prime interessanti schermaglie da raccontare.

Entriamo in aula e ci troviamo l’emiciclo pieno di detenuti circondati dalla gendarmeria armata.

Gli avvocati sono sui due lati, su più file di piccole scrivanie. Il pubblico si trova di fronte al collegio dei Giudici coperti dai numerosi detenuti. Lo spazio per il pubblico, per i parenti e le delegazioni estere è molto ridotto in proporzione all’aula che è di circa 200 metri quadri.

Tutti ci salutano e fanno cenno di aver capito chi siamo. La felicità dei detenuti, uomini e donne, è disarmante; sono contenti di vederci e per un attimo dimenticano di essere chiusi in carcere da 18 mesi, in condizioni di isolamento e costretti a difendersi da accuse tanto inesistenti quanto gravissime.

La Corte di Assise, per niente popolare, perchè composta da tre giudici togati, è una Corte Speciale per reati di mafia e terrorismo e fino a pochi anni fa si fregiava anche di giudici militari. Il Pubblico ministero siede al loro fianco accompagnato da numerosi faldoni che formano gli atti di accusa. Oggi i giudici devono sciogliere la riserva su due richieste proposte dagli avvocati:

-1- che gli imputati possano difendersi in lingua kurda, come previsto dal Trattati internazionali (art. 39 del Trattato di Losanna del 1923) che prevedono il diritto di difesa nella propria lingua madre;

-2- che il capo di imputazione, composto da circa 7000 pagine possa essere ridotto a 900 pagine e permettere di svolgere il processo in tempi liberi.

Un grande schermo permette di seguire anche ciò che avviene vicino alla Corte. Assistiamo all’appello degli imputati (103 detenuti e 48 liberi) e a quello degli avvocati (150, per lo più costituiti in collegio per tutti i detenuti). Poichè la maggior parte dei detenuti e delle detenute sono amministratori di Enti Locali (Comuni e Province del Kurdistan) e sono Sindaci di città che svolgono attività politica da molti anni, i loro volti sono sereni e per niente intimiditi dall’apparato poliziesco che li circonda; le donne sono fiere e guardano gli uomini dritto negli occhi e, se si girano verso il pubblico, sorridono dolcemente, quasi ringraziandoci della presenza; un velo copre i loro occhi solo quando volgono lo sguardo verso i familiari che sono giunti da tutti i centri del Kurdistan, dopo averli seguiti in tutte le carceri della Turchia, quelle speciali, con misure di sicurezza differenziate da quelle degli altri detenuti. La Corte rifiuta entrambe le richieste proposte dalla Difesa e decide di procedere nella identificazione degli imputati. Gli Avvocati lamentano che i loro avvocati-praticanti di studio non sono stati autorizzati ad entrare in aula. La Corte ribadisce il divieto senza motivare.

Si procede all’identificazione di ciascun imputato ma, appena questi cominciano a dire il proprio nome e indirizzo in Kurdo, vengono interrotti dal Presidente che preferisce leggere lui stesso, nome e cognome, pretendendo solo un sì o un no. La risposta è sempre in Kurdo. Gli imputati non accettano il divieto di parlare in Kurdo e cominciano a parlare la loro lingua. Il pubblico sorride rumorosamente, ma i giudici imperterriti continuano a leggere in turco e gli imputati a rispondere in Kurdo. Un imputato si giustifica per non poter parlare in Kurdo, perchè esiliato e quindi a conoscenza della sola lingua turca. Fuori dall’edificio del Tribunale le delegazioni continuano a manifestare la loro solidarietà con canti e danze che ricordano la vita dei partigiani in montagna e invitano a partecipare alla lotta per la liberazione del popolo kurdo. Gli imputati si esprimono nelle varie espressioni del Kurdo moderno a seconda delle zone di provenienza. In questo modo continuano a rispondere ed essere interrogati dal Presidente, il quale, con costanza, legge le loro generalità in turco.

Ormai si tratta di una farsa che travolge la Corte e rende “nudo” il Tribunale e le sue leggi che impongono regole inutili e ridicole. E’ una prima vittoria per il Collegio di Difesa degli imputati, che hanno imposto la propria lingua nonostante i divieti e le ipocrisie di un Governo che nella Costituzione ha autorizzato l’uso della lingua kurda, ma di fatto, la vieta a proprio piacimento.

Mai più un Kurdo parlerà in turco nei Tribunali, dove si accusa un popolo per la propria appartenenza etnica.

Questo processo segna una svolta storica nella strategia di liberazione del popolo kurdo.

Vediamo alternarsi davanti ai Giudici, i Sindaci dei paesi che sono stati privati di intere amministrazioni liberamente elette dai cittadini. Fra questi il Sindaco di Sirnak, il Sindaco di Batman, di Erzani, di Urfa, quello di Kiziltepe (Mardin), poi ancora il Sindaco di Viransceve (Urfa), la Sindaca di Bostanici, il Sindaco di Hakkari, i Presidente della Società Statale dell’ Erogazione dell’Acqua.

Come già detto, qualche imputato parla in turco, giustificandosi perchè non conosce il kurdo, essendo stato deportato fuori dal proprio paese fin da piccolo. Altri ascoltano il proprio nome e indirizzo in lingua turca, poi dichiarano “esatto”, “non è esatto” in kurdo. Uno dichiara di non conoscere il kurdo ma non vuole parlare in turco quindi invita il Presidente a leggere lui stesso le generalità di ognuno.
Non con poche difficoltà il Presidente termina di leggere tutte e 103 le generalità dei detenuti, sudando e sbuffando in continuazione.

Le donne, serene e altere, affrontano la Corte con estrema dignità e confermando il carattere fiero del proprio popolo e la volontà di continuare ad affermare il proprio diritto ad esistere.

Muhammed Erbey , avvocato che difese Dino Frisullo, compagno italiano arrestato al Newroz del 1998, appare provato, con i capelli grigi e con un portamento meno autorevole di un tempo. E questo nonstante l’età ancora relativamente giovane. Personaggio notissimo in ambito forense e non solo per essere stato per anni il Presidente dell’Associazione dei Diritti Umani (IHD) proprio a Diyarbakir.

D’altra parte sembra che questa importante carica internazionale non sia motivo di interesse (e vanto) in Turchia visto che l’attuale Presidente del medesimo organismo si trova proprio tra i detenuti di oggi nell’Aula della bella e antica città di Diyarbakir.

Molto duro il giudizio del collegio di Difesa riguardo ai contenuti del processo stesso. L’operazione “KCK” (Koma Civakên Kurdistan, Confederazione del popolo del Kurdistan) è stata definita dagli avvocati che difendono gli imputati come un’azione di annientamento della società civile kurda ed, in particolare, di azzeramento della sua viva vita politica.

Le accuse vengono lette dal Pubblico Ministero che non si limita a leggere gli articoli del codice che si presume siano stati violati, ma descrive le operazioni di Polizia svolte ed esprime le proprie considerazioni sulle abitudini politiche degli imputati e delle organizzazioni da loro frequentate. La relazione dell’accusa è, comunque, ridotta a 900 pagine, anche se l’utilizzo di tale riduzione chiesto dalle difese, era stato ufficialmente rigettato. Ancora una volta si rivela l’inutilità della norma formale e si afferma la praticità della norma sostanziale da parte del potere che utilizza il diritto a su piacimento.
La giornata si è infine chiusa con la richiesta di liberare tutti gli imputati secondo il principio di diritto di libertà, fondamentale criterio secondo il quale deve essere salvaguardato un principio primario rispetto a qualsiasi esigenza di carattere procedurale. I Giudici si sono riservati di comunicare la loro risposta nella mattinata di domani.

 

 

20/10/2010

0Incontro con il sindaco di Sur Abdullah Demirbas.

In apertura, sono stati consegnati i fondi (€ 1000,00) di Europa Levante.  Il sindaco ci ha chiesto di destinare questo denaro all’acquisto di libri per la costituenda bilbioteca del campo profughi di Mahmura dove questo progetto verrebbe realizzato con la municipalità di DehoK.

Ci dice che nel processo ai 151 imputati, il PM ha chiesto in totale 3.000 anni di carcere; per il Sindaco, in particolare ha chiesto 25 anni, che sommati a quelli richiesti negli altri processi diventano 173 anni di carcere.

E’ una situazione molto preoccupante perchè gli arresti avvengono all’indomani del cessate il fuoco del PKK.

E’ utile ricordare che sono in carcere circa 2.500  persone, di cui il 60% sono dirigenti del partito BDP, i restanti sono sindaci, amministratori, dirigenti di Ong . .

Questo processo è importante perchè si palesa lo scontro tra la politica kurda e l’ideologia ufficiale dello Stato. I diritti dei kurdi sono sempre stati negati, è stata negata la loro lingua e la loro cultura; “noi al contrario abbiamo sempre sostenuto  che i kurdi esistono e la loro lingua esiste. Per cui veniamo accusati di essere separatisti”. Questo secondo il Sindaco Demirbas.

Ricorda inoltre. “abbiamo vissuto massacri, evacuazioni dai villaggi. Per questo motivo i nostri figli hanno reagito, sono partiti e sono diventati guerriglieri. Anche mio figlio è partito a 16 anni ed è diventato guerrigliero”.

Aveva una condanna a due anni e sei mesi e dopo la condanna ha deciso di reagire e partire per  la lotta armata. Una situazione che si è complicata per la mia famiglia se si pensa che anche lo zio di mio figlio (fratello di mia moglie) si è trovato sotto servizio militare dalla parte turca. Oltretutto ho un figlio leggermente più grande che dovrà partire per il servizio militare. Per cui uno sarà guerrigliero ed uno sarà soldato con i turchi”. Il sindaco fa veramente fatica a pensare a questa emergenza che lo tocca così da vicino, anche se si tratta di una situazione comune a molte famiglie del Kurdistan . Prosegue il Sindaco Demirbas con una frase molto netta: “Noi politici kurdi vogliamo pace, democrazia e libertà … ma la risposta è stata il carcere. Chi mi ha arrestato era un poliziotto che – addirittura – era stato un mio studente”. Poi continua, con voce preoccupata, più che emozionata: “Tutti e due abbiamo avuto vergogna. “

Il messaggio ai Kurdi è stato chiaro: “Se fate lotta politica pacifica avrete come risposta…il carcere.“ L’unica strada che rimane è (ri)salire in montagna. Migliaia e migliaia di ragazzi Kurdi sono pertanto senza speranza, provocando azioni e reazioni difficilmente prevedibili. Molto spesso le persone che sono in carcere non hanno mai imbracciato il fucile ma vengono giudicate ugualmente per partecipazione alla lotta armata. La maggioranza dei Sindaci arrestati ha il 60% per cento dei voti da parte della popolazione. Per esempio il Sindaco Demirbas ricorda di aver avuto il 66% dei voti. Per questo, continua “Voi state facendo un incontro con un ‘terrorista”’. In realtà ciò che vogliono tutti gli amministratori sotto processo in questi giorni sono solo cinque semplici cose: pace, democrazia, libertà, eguaglianza di genere, rispetto per noi, la nostra cultura, le nostre tradizioni. E questo lo intendono raggiungere con una nuova costituzione, l’abbassamento dell’attuale soglia di sbarramento  elettorale del 10%, l’utilizzo della lingua materna kurda in tutti i gradi dell’Istruzione a partire dalla Scuola Materna. Questo può avvenire solo e soltanto tramite la liberazione dei detenuti.

Man mano che procedono le operazioni del processo sono aumentati i momenti di tensione, con provocazioni a Van e a Diyarbakir (per esempio un presunto allarme bomba in una via del centro di Diyarbakir con conseguente impazzimento della già difficile circolazione stradale). Il Sindaco Demirbas ha concluso la comunicazione in contemporanea con l’importante incontro con la nostra delegazione con : “la solidarietà per noi è molto importante perchè se non c’è nulla noi siamo molto più soli”. Si è anche manifestata una grande attenzione per le possibilità insite nel sostegno avuto dalle  Province di Modena ed Ancona, da numerosissimi Comuni tra cui Nuoro (latore di un importante ed apprezzato documento di sostegno diretto) e dalla Lega Nazionale delle Autonomie Locali, in vista di future collaborazioni ed iniziative di cooperazione solidale. Si è anche fatto riferimento al sostegno avuto dal Presidente Sammuri di Federparchi Italia visto il coinvolgimento di alcuni amministratori curdi interessati al comparto difesa dellìacqua/ difesa del patrimonio naturale, che fa presagire nuovi sviluppi collaborativi fra realtà italiana e curdo-turca.

Piazza del Municipio.

Il terzo giorno del processo è stato caratterizzato da un clima molto diverso da quello dei giorni precedenti. La partenza delle delegazioni estere ha prodotto l’inasprimento delle condizioni di con trollo da parte della Polizia in piazza e dei Giudiciell’aula bunker dove si svolge il processo. Nell’aula i giudici hanno assunto un atteggiamento di spregio nei confronti degli imputati e dei difensori, non decidendo neanche sulle richieste di libertà formulate il giorno precedente, senza alc una motivazione. In piazza, invece, la polizia ha provocato apertamente i compagni che presidiavano lo spazio vicino al tribunale, permettendo ad un poliziotto infiltrato di fotografare la gente presente.

Sempre nella giornata di oggi, al presidio davanti al tribunale c’erano centinaia di persone. La delegazione italiana ha deciso di mostrare lo striscione in modo itinerante, girando per la piazza ed attestandosi davanti al palazzo del municipio. Alle 14 sono arrivate le madri della pace che hanno voluto sorreggere lo striscione per circa un’ora tra canti di lotta e danze collettive. La delegazione lo ha, poi, ripreso e – rivolto verso il tribunale; così la scritta “Liberi tutti” è diventata un messaggio per i detenuti. A questo punto, pero’, la polizia ha cominciato ad indossare le uniformi antisommossa e, subito dopo, ha fatto infiltrare tra la gente della piazza un poliziotto che aveva già fotografato i compagni; costui è stato riconosciuto ed inseguito fino al cordone di Polizia con conseguente lancio di bottiglie di plastica vuote da parte dei ragazzi più giovani. Il servizio d’ordine del BDP, mediando con la polizia, ha energicamente  bloccato gli eccessi, invitando tutti a tornare all’interno della piazza. Il presidio si è così ricompattato e, a quel punto, lo striscione è stato posizionato come confine tra i due schieramenti. Alla fine della giornata lo stesso striscione, ormai “famoso”, è stato lasciato ai compagni kurdi in ricordo di queste giornate.

 

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