L’Italia non è terra per profughi: mentre in tutto il mondo ci si appresta a celebrare – il 20 giugno – la Giornata mondiale del rifugiato, il governo italiano, con un decreto legge lampo, allunga a 18 mesi i tempi di detenzione nei Cie e stringe un accordo con l’opposizione libica al fine di rimpatriare i profughi di guerra.
I numeri dell’emergenza. Al 14 giugno scorso i migranti sbarcati in Italia sono 42.534, di cui 18.312 dalla Libia e 24.222 dalla Tunisia (fonte UNHCR). “Molto si è parlato di emergenza e numeri ingestibili – dichiara il direttore del CIR, Christopher Hein – voglio solo ricordare due cifre per dare un’idea più equilibrata delle vere emergenze: dalla Libia sono arrivati in Italia dallo scoppio della guerra meno di 19mila persone. Nello stesso periodo la Tunisia ha accolto 288.082 libici e 190.705 migranti provenienti da altre nazioni, mentre l’Egitto 288.082 libici e 190.705 migranti”.
La denuncia dell’Arci. “Vogliamo denunciare che non si può calpestare il principio di non refoulement – denuncia l’Arci nazionale – e dislocare la nostra frontiera in una zona di guerra in nessun caso, tanto meno in nome di interessi di partito o di coalizione. Solo nel 2011, è certo che circa 2500 persone sono morte nel Mediterraneo mentre cercavano di raggiungere le nostre coste. Morti non per fatalità, ma per responsabilità di chi impedisce loro di partire in sicurezza per sfuggire alle bombe e alle persecuzioni”.
Le accuse del Cir. “In questi ultimi giorni abbiamo assistito a diverse misure prese dal governo che ci preoccupano sia per il messaggio che lanciano, sia per le conseguenze che hanno sulle persone – sostiene Savino Pezzotta, presidente del Consiglio Italiano per i Rifugiati – Il decreto del consiglio dei ministri che prolunga a 18 mesi la detenzione nei Cie non solo è inefficace, ma esplicitamente punitivo. Voglio ricordare che 18 mesi di detenzione è una pena normalmente inflitta per reati di media gravità. Non solo. L’accordo raggiunto dal governo con il Comitato nazionale di Transizione libico (Cnt) è del tutto inaccettabile perché si basa sull’idea che possano essere rinviate persone verso un’area di guerra”.
Le regole di ingaggio. “Debbo esprimere un apprezzamento per il lavoro fatto dalla Guardia costiera italiana e dalle altre forze che operano nel mare – ha detto ancora Pezzotta – hanno salvato molte vite intervenendo, giustamente, anche quando sarebbe stato di competenza e responsabilità di Malta. Nelle regole di ingaggio delle forze operanti nel canale di Sicilia deve essere assolutamente incluso il salvataggio in mare. In questo momento inoltre è necessario fare un passo ulteriore, cercando di mettere in atto tutto gli sforzi possibili per evitare tali tragedie. Dobbiamo dare alternative alle persone rispetto agli arrivi coi barconi. Come? Attraverso programmi non solo italiani, ma europei di reinsediamento dei rifugiati e arrivi protetti”.
Le lacune nell’accoglienza. Pezzotta denuncia anche “molte le lacune nell’accoglienza dei profughi” arrivati dal Nord Africa: “E con tutto il rispetto per la protezione civile, dobbiamo constatare che in molte Regioni gli impegni presi non sono stati rispettati. Il CIR insiste che l’accoglienza non può e non deve esaurirsi nella pura fornitura di vitto e alloggio, ma deve prevedere dei servizi alla persona. Soprattutto per quelli che hanno chiesto asilo allo Stato italiano. Accogliere un rifugiato non significa dare una camera in un albergo, ma anche fornire assistenza legale, sociale e psicologica”.
di VLADIMIRO POLCHI
– www.repubblica.it – 19.06.2011