Pogrom in Libia ed in Grecia – La politica dei respingimenti continua a produrre vittime
di Fulvio Vassallo Paleologo, Università di Palermo
Intanto respinti nuovamente 89 migranti a Sud di Lampedusa
L’ esternalizzazione dei controlli di frontiera, la chiusura di tutte le vie di accesso per i potenziali richiedenti asilo e le retate della polizia nei paesi di transito come la Libia e la Grecia ai danni dei migranti irregolari, spesso donne e minori,stanno aggravando gli effetti devastanti delle politiche proibizioniste adottate da tutti i paesi europei nei confronti dei migranti in fuga dalle guerre, dai conflitti interni e dalla devastazione economica ed ambientale dei loro paesi.
Proseguono i respingimenti congiunti nelle acque del Canale di Sicilia, anche con la collaborazione delle unità Frontex con le autorità libiche, malgrado il ministro degli interni tedesco Schauble continui a smentire che le unità tedesche (due elicotteri) impegnate nell’operazione abbiano contribuito ad effettuare i respingimenti. E proseguono i respingimenti collettivi, vietati dal Protocollo n.4 allegato alla Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, verso paesi che praticano ai danni dei migranti “trattamenti inumani e degradanti” vietati dalla stessa Convenzione. La Libia non ha sottoscritto la Convenzione di Ginevra sui rifugiati, e respinge con i fondi europei numerosi migranti verso paesi governati da dittature che, dopo i rimpatri, praticano torture ed arresti arbitrari.Se la Libia non aderisce alla Convenzione di Ginevra, la Grecia non consente alcuna applicazione della stessa convenzione che pure ha sottoscritto da anni, e sta effettuando in questi giorni vere e proprie deportazioni verso la Turchia e quindi verso l’Afghanistan, malgrado ancora ieri il rappresentante dell UNHCR in Grecia abbia denunciato le “pratiche informali” con le quali questo paese arresta e deporta i migranti, molti dei quali minori, ai quali si nega qualsiasi accesso alla procedura di asilo e si offre come unica soluzione l’internamento e l’espulsione in Turchia e quindin in Irak o in Afghanistan.
Malgrado il recentissimo richiamo della Corte Europea dei diritti dell’Uomo che ha ingiunto alla Grecia di NON espellere verso altri paesi alcuni migranti afghani che si trovavano a Patrasso, continuano dunque le deportazioni arbitrarie da parte di un paese che sarebbe tenuto a rispettare, oltre alle Convenzioni ONU (compresa quella sui diritti dei minori), le Direttive comunitarie in materia di asilo e di protezione internazionale.Quanto sta avvenendo in queste ore in Grecia ed in Libia aumenta le responsabilità già gravissime del governo italiano nelle pratiche informali di respingimento “informale” dai porti dell’Adriatico (Venezia, Ancona, Bari) verso Patrasso e Igoumenitsa e scopre tutte le ipocrisie di chi afferma di riconoscere i diritti dei rifugiati e poi rimane immobile ad assistere allo scempio del diritto di asilo, e dei corpi che potrebbero invocarne l’applicazione, di persone che avrebbero titolo ad ottenere protezione ma sono arrestate, respinte o espulse. Le respionsabilità di questo imbarbarimento delle regole dei controlli di frontiera sono molteplici e vengono da lontano, a partire dalle scelte proibizioniste dei paesi che negano qualsiasi possibilità di accesso legale, dalla creazione dell’agenzia per il controllo delle frontiere esterne europee FRONTEX, dalla incapacità dell’Europa di darsi una politica dell’asilo, limitandosi a legittimare la cd. “cooperazione operativa” tra i vari paesi, una cooperazione operativa che copre gli abusi della polizia di frontiera e rende impossibile persino fare valere i diritti di difesa.
Occorre aumentare gli sforzi di denuncia alle corti internazionali e, quando possibile ai giudici interni, delle gravissime violazioni dei diritti fondamentali delle persone, violazioni quotidiane che stanno dietro la pratica dei respingimenti informali. Ed è sempre più necessario creare canali di comunicazione diretta e reti di solidarietà per fornire ascolto ed assistenza, per restituire una identità, per garantire il rispetto della dignità e dei diritti della persona, a tutti i migranti che sono allontanati dalle frontiere europee o che vengono bloccati nei paesi di transito.