Mercoledì 12 gennaio 2011 si è aperto a Magdeburg, in Germania, il secondo processo sul caso Oury Jalloh, al quale ha partecipato l’Avv. Mario Angelelli, presidente dell’Associazione Progetto Diritti, come membro della Commissione Investigativa Internazionale Indipendente.
Dichiarazione della Commissione Investigativa Internazionale Indipendente sul caso di Oury Jalloh
Siamo tra quelle persone che in Germania, in Europa e negli Stati Uniti sono sempre più allarmate per le notizie che emergono dalla Germania. Dall’incendio del 1996 che uccise dieci persone in un residence a Lubecca, la Comunità internazionale si è preoccupata anno dopo anno per le notizie sulle morti targiche di altri rifugiati e persone di colore in Germania. Sappiamo che, spesso, queste morti sono state seguite da uno scarso esame legale che ha indicato che i meccanismi per assicurare le responsabilità e per analizzare sistematicamente le circostanze delle morti in stato di detenzionesono inefficaci. Ci siamo molto preoccupati nell’apprendere che nel 2005, a meno di dieci anni dall’incendio di Lubecca, Oury Jalloh è bruciata viva in una cella di detenzione.
L’ultima notizia che ci ha raggiunto nei nostri Paesi è stato l’annuncio della Corte Federale tedesca che la sentenza della Corte di Dessau sul caso della morte di Oury Jalloh sarà riservata e sarà rimesso alla Corte di Magdeburg. Mentre questa è una decisione ben vista dalla Corte Federale, noi siamo preoccupati che il processo originario non abbia risposto a domande cruciali per una veritiera ricostruzione degli eventi che hanno condotto alla morte di Oury Jalloh. Questa sensazione era echeggiata dal giudice Steinhoff quando rivolto ai presenti nel Palazzo di Giustizia dopo l’annuncio della sentenza di Dessau, disse che la Corte “non aveva colto l’opportunità di portare a termine quello che si potrebbe definire un regolare processo”. Egli inoltre sottolineò che a causa delle testimonianze false ed incomplete di alcuni funzionari ed autorità della polizia investigativa, la Corte non aveva affrontato il problema di cosa realmente accadde nel distretto di polizia il 7 gennaio 2005. Richiamando la fondamentale preoccupazione del giudice Steinhoff, il nostro impegno sarà di porre le domande che sono state ignorate, banalizzate ed analizzate in maniera superficiale sin dalla m orte di Oury Jalloh nel 2005.
Per queste ragioni, abbiamo creato una Commissione indipendente con lo scopo: 1. Cercare di comprendere e riordinare l’insieme dei fatti riguardanti la morte do Oury Jalloh per cercare la verità e la riconciliazione; 2. Esprimere chiaramente quello che noi riteniamo essere il principale problema strutturale in materia di controllo legale e investigativo in questo tipo di morti in stato di detenzione; 3. Creare un rapporto che contestualizzi la morte di Oury Jalloh e la sua ripercussione legale all’interno di più ampie dinamiche istituzionali con un occhio verso la riforma istituzionale.
Nel breve periodo, osserveremo il processo di Magdeburg sia fisicamente , quando possibile, sia dall’esterno. Puntiamo ad un colloquio con le parti che vorranno parlare con noi. A nome di Oury Jalloh, degli altri richiedenti asilo, persone di colore e ognuno che vive nella Repubblica Federale di Germania, noi chiediamo la verità cosicchè i punti ciechi del processo non oscurino per sempre gli ultimi giorni della vita di Oury Jalloh e conseguentemente neghino al popolo tedesco l’accortezza di evitare questo genere tragedie in futuro.
Membri della Commissione Indipendente
Mario Angelelli (Italia) è un avvocato di Roma, che ha un’esperienza decennale in Diritto Umanitario in Europa ed è presidente dell’Associazione Progetto Diritti di Roma. Era nel Consiglio dell’Associazione nazionale Antigone, con sede a Roma, dove si occupava di casi di diritto dei detenuti. E’ cofondatore del Comitato Singh Mohinder, che si occupa di assistere gli immigrati vittime di infortuni sul lavoro e i loro familiari. Mario nel 1996 era membro del Comitato Indipendente Internazionale di Lubecca, che si occupava delle vicende dell’incendio del centro d’asilo.
Eddie Bruce-Jones (Regno Unito/ Germania) è docente di Diritto europeo all’Università di Londra, Birbeck College. E’ docente associato al King’s College School of Law, dove insegna Diritto dei popoli. Sta facendo delle ricerche di dottorato all’Istituto di Etnologia europea presso l’Università di Humboldt a Berlino. Ha un seggio nel Consiglio dell’Organization for Refuge, Asylum and Migration (ORAM) ed è coordinatore del Southern Refugee Legal Aid Network. E’ attivo da dieci anni nell’ambito della comunità nera tedesca.
Margaret Burnham (USA) è professoressa di Diritto alla Northeastern University ed è la fondatrice della Northeastern University School of Law Civil Rughts and Restorative Justice Projects, che si occupa di alcuni casi del movimento dei diritti civili statunitense. Era attiva come avvocatessa per la NAACP Legal Defense and Education Fund. Nel 1977 fu la prima afroamericana a diventare giudice nello Stato federale del Massachusetts. Divenne poi socia di uno studio legale specializzato in diritti civili a Boston. Fu incaricata da Nelson Mandela di indagare sui casi violazione dei diritti umani in Sudafrica. Queste indagini sono state alla base della Truth and Reconciliation Commission.
Philip Dayle (Gran Bretagna) è avvocato dei diritti umani a Londra. E’ ricercatore della Runnymede Trust. Come anche autore indipendente scrive regolarmente per il giornale londinese The Guardian. Ha lavorato per la Commissione internazionale dei giuristi di Ginevra e per la Commissione Interamericana per i diritti umani con sede a washin gton. E’ nel consiglio dell’Organization of Refuge, Asylum and Migration (ORAM).
Aida Worku (Germania/USA) di New York, è dipendente della UNWOMEN (UN Entity for Gender Equality and the Empowerment of Women). E’ originaria di Colonia, dove ha studiato giurisprudenza completando gli studi al King’s College London School.