Onu e Ue a Berlusconi: «No ai respingimenti», Il Manifesto, 22/09/2009

di Alberto D’Argenzio – BRUXELLES
IMMIGRAZIONE «In Libia condizioni brutali»

 
Onu e Ue a Berlusconi: «No ai respingimenti»

Antonio Guterres, Alto rappresentante dell’Onu per i rifugiati, esprime «forti riserve» sui respingimenti verso la Libia; Jacques Barrot, commissario Ue alla giustizia ed interni, non nasconde di avere ancora dei dubbi; per Nitto Palma, sottosegretario agli interni facente le veci di Maroni, la questione è invece risolta: sono «perfettamente in linea con il diritto internazionale». «La nostra posizione – ha detto Guterres, invitato ieri al Consiglio dei ministri degli interni della Ue – è molto chiara: noi non pensiamo che in Libia ci siano condizioni che permettano la protezione dei richiedenti asilo: la situazione attuale non lo consente». Secondo l’Alto commissario dell’Onu a Tripoli e dintorni «ci sono condizioni di detenzione spaventose e c’è il rischio effettivo che persone che meriterebbero la protezione internazionale siano rimandate nei paesi d’origine». Il corollario è chiaro: «Per questo abbiamo espresso le nostre forti riserve sul respingimento delle persone verso la Libia in queste circostanze».
Barrot, seduto al suo fianco, condivide. «Conto sull’aiuto dell’Alto commissario per far capire ai libici che la situazione attuale è inaccettabile e che non può perdurare». Poi, a fine Consiglio, il commissario ribadisce che «è necessario aprire un dialogo con la Libia, non ci vedo chiaro, lo stesso dice Guterres».
Ha le idee molto più chiare Palma. «Le riconsegne (non respingimenti, ndr) di immigrati finora effettuati dal governo italiano sono perfettamente in linea con la normativa internazionale». Il diritto darebbe ragione al governo, dice Palma, facendosi forte del «protocollo addizionale firmato a Palermo nel 2000», ma anche della convenzione di New York del 2000 e, infine, «dell’articolo 19 dell’accordo di amicizia Italia-Libia dell’agosto scorso». I primi due permetterebbero i controlli in acque extra-territoriali, il terzo il rinvio in Libia. Peccato che Barrot stia ancora valutando se l’Italia operi o meno all’interno del codice delle frontiere di Schengen, che impedisce i respingimenti di persone verso paesi in cui rischiano torture o trattamenti degradanti. E quanto alle condizioni «spaventose» registrate in Libia, il paese «ha presieduto la Commissione sui diritti umani dell’Onu e ha firmato la Convenzione africana, che prevede un concetto di protezione più amplio di quello della Convenzione di Ginevra del 1951». Infine, «l’Acnur è lì dal 1991 con un ufficio con 25 persone». Proprio quel personale sul campo da anni dice che non sono rose e fiori. L’altro argomento usato da Palma è quello dei rapporti di chi i respingimenti li realizza sul campo. «Nessuno di coloro che si trovava sulle navi italiane ha chiesto protezione internazionale», ha detto ieri il sottosegretario. Su 757 persone fermate in 8 operazioni, gran parte delle quali portate in Libia, nessuno ha chiesto lo status di rifugiato o qualche altra protezione internazionale. La cosa va contro le proiezioni statistiche, ma anche contro quanto detto solo una settimana prima sempre a Bruxelles da un altro sottosegretario del governo Berlusconi, Alfredo Mantica. In quell’occasione Mantica ammetteva che non era possibile analizzare le richieste in mare, ieri Palma assicurava che invece «si opera come nei centri a terra». Se sui respingimenti le opinioni continuano a divergere, tutti d’accordo invece sulla necessità di stringere il rapporto con la Libia. Barrot si è impegnato e l’Italia è invitata a fare da ponte, ma ci vorranno anni prima che le condizioni da «spaventose» diventino normali. Nel frattempo ci sono i respingimenti.