Mesi di ritardo per un visto di ricongiungimento familiare: condannate le amministrazioni

Il ricorrente, rifugiato afghano, è rappresentato dall’avvocata di Progetto Diritti Silvia Calderoni


E’ stata emessa lo scorso 4 agosto dal Tribunale di Roma la sentenza che ordina allo Sportello Unico per l’Immigrazione di Roma di provvedere quanto prima all’inoltro dei nullaosta relativi alla coniuge e al figlio minore di un cittadino afghano residente in Italia e titolare dello status di rifugiato. Con l’ordinanza si dispone inoltre che il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e l’Ambasciata italiana a Teheran (Iran) fissino tempestivamente l’appuntamento per il rilascio dei visti d’ingresso.

Il ricorrente, rappresentato dall’avvocata di Progetto Diritti Silvia Calderoni, aveva presentato istanza di ricongiungimento con la famiglia, che attualmente si trova a Teheran con il rischio di un ritorno forzato in Afghanistan. Nel gennaio 2022 lo Sportello Unico per l’Immigrazione di Roma aveva dichiarato di aver provveduto alla trasmissione dei nullaosta all’Ambasciata di Teheran che, però, contattata dal ricorrente per l’appuntamento, affermava di non aver ricevuto i visti, senza segnalare la problematica all’altra amministrazione.

Solo lo scorso 27 luglio il Ministero dell’Interno, dopo ripetute sollecitazioni, ha imputato a problemi telematici il mancato invio dei nullaosta all’Ambasciata e ha provveduto a metterli a disposizione. La giudice ha pertanto stabilito che il ritardo non è imputabile al ricorrente e ha condannato le amministrazioni alle spese.