Nuovo rapporto di Amnesty International e appello alla Commissione europea e all’Italia
“È meglio morire in mare che tornare in Libia”
(Farah Anam, una donna somala arrivata a Malta nel luglio 2010 attraverso la Libia)
I migranti, i rifugiati e i richiedenti asilo in fuga dalla persecuzione e dai conflitti armati vanno incontro alla tortura e al carcere a tempo indeterminato nel loro tentativo di arrivare in Europa attraverso la Libia. È quanto ha dichiarato oggi Amnesty International pubblicando un nuovo rapporto dal titolo “Cercare salvezza, trovare paura: rifugiati, richiedenti asilo e migranti in Libia e a Malta”.
Il rapporto mette in luce la sofferenza di quanti cercano di raggiungere l’Unione europea, molti in cerca di asilo e protezione, e le violazioni dei diritti umani che subiscono in Libia e a Malta.
“In Libia i cittadini stranieri, compresi i rifugiati, i richiedenti asilo e i migranti, si trovano in una condizione di particolare vulnerabilità e vivono nella costante paura di essere arrestati e detenuti per lunghi periodo di tempo, torturati e sottoposti a ulteriori violazioni” – ha dichiarato Malcolm Smart, direttore del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International. “Inoltre, molti di essi temono di essere espulsi verso i paesi di origine, senza alcuna considerazione per il concreto rischio di subire persecuzioni una volta fatti rientrare“.
Secondo le autorità di Tripoli, vi sono oltre tre milioni di “migranti irregolari” in Libia. Molti provengono da altre parti dell’Africa eppure le autorità locali continuano a dire che nessuno di essi sia un rifugiato.
Decine di migliaia di persone lasciano la Somalia ogni anno per iniziare un lungo e pericoloso viaggio attraverso nazioni quali la Libia per fuggire al conflitto che sta devastando il loro paese dal 1991. Molte spendono tutti i loro risparmi per intraprendere una pericolosa traversata del Mediterraneo.
I rifugiati e i richiedenti asilo in Libia vivono in un limbo legale che non tiene conto del loro bisogno di protezione. La Libia non ha firmato la Convenzione Onu sullo status di rifugiato del 1951 e non ha un sistema d’asilo in vigore. Quest’anno a novembre il governo ha pubblicamente respinto la raccomandazione di ratificare la Convenzione e sottoscrivere un memorandum d’intesa con l’agenzia dell’Onu per i rifugiati, l’Unhcr, per consentire a quest’ultima di assistere i rifugiati e i richiedenti asilo in Libia.
“I richiedenti asilo e i rifugiati in Libia non hanno nessuno cui chiedere aiuto e sono diventati ancora più vulnerabili da quando, a giugno, le autorità di Tripoli hanno ordinato all’Unhcr di sospendere le attività. Il minimo che il governo libico dovrebbe fare invece è proteggere dagli arresti, dalla violenza e dagli abusi coloro che fuggono da persecuzione e conflitti e garantire che non siano rinviati in luoghi dove potranno correre il rischio concreto di subire gravi danni e persecuzione” – ha affermato Smart.
Ahmed Mahmoud e Miriam Hussein, una coppia somala fuggita dal loro paese in Libia, hanno vissuto nel costante pericolo di essere arrestati, non hanno potuto trovare un lavoro e sono stati rapinati ripetutamente, fino a quando hanno deciso di tentare di raggiungere l’Europa via mare. Miriam era incinta di sette mesi.Il 17 luglio di quest’anno i due, facenti parte di un gruppo di 55 somali a bordo di un’imbarcazione in avaria, sono stati intercettati e soccorsi da vascelli libici e maltesi. Miriam Hussein e altre 26 persone sono state immediatamente riportate in Libia mentre le altre 28, compreso Ahmed Mahmoud, sono state condotte a Malta.
In Libia, il gruppo di cui faceva parte Miriam Hussein è stato immediatamente portato in carcere. Gli uomini hanno fatto sapere di essere stati picchiati e torturati con scosse elettriche. Due mesi dopo, Miriam Hussein ha partorito un feto morto.
Torture e altre violazioni ai danni di rifugiati, richiedenti asilo e migranti sono un fatto sistematico in Libia. I guardiani delle carceri prendono spesso a pugni i detenuti o li colpiscono con tubi di metallo o bastoni. Chi osa protestare per le condizioni di detenzione o chiede assistenza medica rischia di subire ulteriori aggressioni o punizioni.
Ciò nonostante, a ottobre, la Commissione europea ha sottoscritto con le autorità libiche una “agenda per la cooperazione” sulla “gestione dei flussi migratori” e sul “controllo alle frontiere”, valida fino al 2013 e in base alla quale l’Unione europea metterà a disposizione della Libia 50 milioni di euro.
Nel frattempo, Unione europea e Libia stanno negoziando un più ampio “Accordo quadro” che consentirebbe, tra l’altro, la “riammissione” in Libia di cittadini provenienti da “paesi terzi” entrati in Europa dopo aver transitato in Libia.“La cooperazione tra Unione europea e Libia deve avere al centro i diritti umani e la condivisione delle responsabilità, ovvero i principi fondamentali della protezione internazionale. Mentre cercano la cooperazione con la Libia per contrastare l’arrivo di persone dall’Africa, l’Unione europea e i suoi stati membri non devono chiudere gli occhi di fronte alle costanti violazioni dei diritti umani in Libia” – ha ammonito Smart.
Tra il 2002 e il 2009 si stima che 13.000 persone siano arrivate a Malta dalla Libia. Malta, tuttavia, non si è rivelata il rifugio sicuro che speravano di raggiungere. Sulla base delle leggi maltese, ogni persona che arriva per la prima volta sul territorio, compresi i richiedenti asilo, viene considerata “migrante proibito” e rischia la detenzione obbligatoria a tempo indeterminato, in pratica fino a 18 mesi.
I rimedi legali esistenti per opporsi alla detenzione sono stati giudicati “inefficaci” dalla Corte europea dei diritti umani.
“La posizione geografica di Malta significa che questo paese deve affrontare flussi ampi e misti di migranti irregolari e richiedenti asilo. È chiaramente un compito impegnativo che, tuttavia, non solleva Malta dal rispetto degli obblighi derivanti dal diritto internazionale e regionale dei diritti umani in materia di rifugiati, tra cui la Convenzione europea sui diritti umani. Le autorità maltesi devono garantire che le operazioni d’intercettazione e di soccorso in mare non determinino il rinvio forzato o l’espulsione di persone già in condizioni di vulnerabilità verso la Libia o verso altri stati dove si troverebbero nel rischio concreto di subire gravi violazioni dei diritti umani” – ha concluso Smart.
Oggi Amnesty International lancia un appello alla Commissione europea e all’Italia chiedendo che i diritti umani e le garanzie per i rifugiati, richiedenti asilo e migranti siano al centro della cooperazione con la Libia.