Permettetemi di dire che desidero profondamente che il Capitano Troccoli fornisca davanti a questo Tribunale le informazioni relative ai resti dei compagni, che senza dubbio possiede, e che familiari, amici e tutti gli uruguayani aspettano da quarant’anni per comprendere la storia reale e costruire la storia possibile. Le mie ultime parole saranno per nominare semplicemente, ma con emozione, i ventisei desaparecidos di questo periodo”. Così ha concluso la sua deposizione Martin Ponce De Leon nell’udienza del Processo Condor del 9 Giugno. De Leon è ex vice-ministro dell’Industria, dell’Energia e delle Risorse minerarie dell’Uruguay ma durante la dittatura nel Cono Sur fu detenuto per quasi sei anni in diversi centri di detenzione in quanto fra i fondatori del GAU (Grupos de Acción Unificadora) e del Fruente Amplio, partito attualmente al governo in Uruguay.
La sua ricostruzione dei fatti è puntuale ma anche piena di commozione. “Un obbligo etico, politico e umano – sostiene – investigare per capire cosa sia successo ai compagni scomparsi”. Alla disamina della Corte propone due schede che riportano la cronologia dal 1974 al 1980 dei vari incarichi assunti nella Marina dall’imputato Jorge Néstor Fernandéz Troccoli, unico imputato non contumace in questo processo, e per analizzare più in dettaglio il periodo novembre 1977- maggio 1978, i documentati viaggi di Troccoli a Buenos Aires e le ondate di sequestri che ne seguivano.
In quegli anni sono documentate anche le valutazioni positive ricevute dal prima Tenente e poi Capitano Troccoli per la sua attività nelle periodiche relazioni del comando del Fusna (Corpo de Fucileros Navales de l’Uruguay) e i suoi contatti con l’OCOA (Organismo Coordinador de Operaciones Antisubversivas) e con l’ESMA argentina (Escuela Superior de Mecánica Armada) il più grande e attivo centro di detenzione illegale e tortura delle persone scomode al regime della giunta di Videla. Fu dopo uno dei suoi viaggi a Buenos Aires (nell’ottobre del 1976) che tornò a Montevideo con “idee costruttive e di possibile realizzazione”. Probabilmente in questa occasione, secondo De Leon, nacque l’idea di realizzare in Uruguay la Computadora sul modello de La Pesciera argentina. La Computadora era una stanza installata nel Fusna dove erano rinchiusi i prigionieri che collaboravano e venivano elaborate schede sui detenuti e organigrammi dei gruppi sovversivi. E fu sempre in seguito a un’altra di queste visite che a dicembre 1977, ventisei uruguayani furono arrestati a Buenos Aires fra militanti del GAU e di altri gruppi politici riuniti nell’Unione Artiguista de Liberacion. Tutti furono portati in centri di detenzione e torturati.
Troccoli dal ‘78 e per due anni operò in Argentina e qui ricevette la visita del comandante del Fusna Jaunsolo e di Lacerbaeau, anche lui imputato in questo processo. Dopo quest’incontro, i prigionieri uruguayani detenuti nel Pozzo di Banfield a Buenos Aires, furono bendati e trasferiti verso destinazione sconosciuta. Tutti sono a oggi desaparecidos. Fra loro tre donne incinte, fatte scomparire anch’esse. I loro bambini sono stati ritrovati.
Martin Ponce De Leon da quarant’anni lavora instancabilmente per raccogliere le testimonianze e le tracce di quegli orrori. In più occasioni ha cercato la verità anche da Troccoli stesso, senza risultati e senza dimenticare che in quegli incontri, apparentemente normali, davanti a lui sedeva un ufficiale dell’Intelligence della repressione.