Intervento di Giuseppe Roma al seminario del Centro Astalli “Stranieri in Italia: una potenzialità bloccata”.
“Potenzialità bloccata” e “dignità umiliata” sono i due termini con cui padre Giovanni La Manna, direttore del Centro Astalli dei Gesuiti, ha definito la condizione degli immigrati “persone che vengono quotidianamente offese con la continua negazione dei loro bisogni”. Il sacerdote ha introdotto così il convegno Stranieri in Italia: una potenzialità bloccata promosso dal Centro Astalli il 9 maggio a Roma.
Al centro della riflessione, moderata dal direttore di Rai News 24 Corradino Mineo, la ricerca di misure concrete per sbloccare lo spreco di capitale umano impiegato in mansioni sottoqualificate e malpagate.
Dei “nuovi italiani” come di una “realtà vitale” ha parlato il direttore del Censis, Giuseppe Roma, sottolineando come “si siano adattati da soli, perché noi come Paese non li abbiamo aiutati per niente, capaci come siamo di fare solo le politiche di confine. Ciononostante, il 10% delle aziende italiane ha un titolare straniero, e un terzo è composto da donne, soprattutto cinesi”. Secondo i dati Censis, in Italia gli immigrati sono cinque milioni e mezzo, di cui circa due milioni con un lavoro regolare: la metà è impiegata nei lavori di cura, la restante parte si distribuisce tra settore edile e agricolo. “Molti immigrati sono laureati – ha osservato Roma – ma il riconoscimento dei titoli è complicato: è la burocrazia il vero razzismo italiano. Questo Paese non dà spazio a nessuno, ciascuno si fa da sé, se può e fin dove può, inventandosi qualcosa. Dagli stranieri abbiamo molto da imparare, soprattutto il concetto di dignità del lavoro. Noi abbiamo dimenticato che ogni impiego, anche il più umile, non è mai soltanto un modo per mangiare, ma vale moltissimo”.
Anche a proposito della visione del futuro, il direttore Censis ha sottolineato che “gli stranieri sono l’unica, poderosa forza che guarda in questa direzione. Sanno sperare più di noi: il 74% degli stranieri, a fronte del 41% degli italiani, nutre un’aspettativa positiva nei confronti del futuro, e immagina una società più solidale, benestante, giusta e attenta alle relazioni umane. Gli stranieri sono più motivati di noi: hanno bisogno degli strumenti, e il diritto di voto – ha concluso – potrebbe garantire il volume necessario perché anche la loro voce possa essere udita”.
(Red.)fonte: immigrazioneoggi.it