Gli avvocati di Progetto Diritti aderiscono allo sciopero dell’Unione delle Camere Penali dal 20 al 24 marzo

Gli avvocati di Progetto Diritti aderiscono alle giornate di astensione dalle udienze penali proclamata dal 20 al 24 marzo dall’Unione delle Camere Penali, contro la scelta del governo di porre la fiducia sul disegno di legge che introduce significative modifiche del sistema penale.

La scelta di apporre la fiducia evidenzia la natura tutta politica e propagandistica delle scelte governative in un continuo inseguimento delle spinte demagogiche, xenofobe e reazionarie che affollano il dibattito pubblico in Italia.

L’approvazione del disegno di legge dal Senato con il voto di fiducia accompagna i due decreti legge Minniti-Orlando che da un lato riducono le garanzie per coloro che richiedono protezione internazionale e dall’altro introducono nuovi irragionevoli strumenti di prevenzione e repressione nei confronti dei poveri e dei soggetti marginali.

Con la riforma voluta dal governo – che pure contiene importanti misure di modifica dell’ordinamento penitenziario – si allarga a dismisura l’applicazione del “processo a distanza”, che mortifica la dignità dell’imputato e viola fondamentali principi convenzionali e costituzionali, comprimendo i diritti e le garanzie degli imputati detenuti.

L’aumento dei termini di prescrizione, nella misura irragionevole contenuta nel testo approvato dal Sentato, si pone in contrasto con il principio costituzionale della funzione rieducativa della pena. È chiaro che punire per un reato minore una persona dopo dieci anni dalla commissione del reato, non va certo nel senso della finalità rieducativa ma vuole rispondere soltanto a un’esigenza di natura retributiva rincorrendo un giustizialismo ormai imperante. Ed è una rincorsa che sconfessa decenni di elaborazioni progressiste sul tema del diritto penale, di cui una manifestazione è stata la recente introduzione di pene altissime per l’omicidio stradale, che naturalmente innesca una corsa al rialzo delle risposte sanzionatorie anche con riguardo ad altri fenomeni delittuosi di pari o superiore allarme sociale. Non andiamo quindi verso una riduzione dell’area dell’illecito penale e della pena carceraria ma verso l’esatto contrario, e sappiamo che si tratta di scelte soltanto demagogiche a fronte della riduzione del numero dei reati e della constatazione che a un sistema con pene più gravi e con più alti tassi di condanne e di carcerazione di norma corrisponde un aumento dei fenomeni delittuosi. L’aumento della pena per i furti in abitazione porta il minimo della condanna a tre anni di reclusione, equivalente alla pena minima prevista per la rapina, il peculato, e la bancarotta fraudolenta. Da questa scelta si comprende che si va nel senso di un aggravamento complessivo delle pene, e di un’ipertrofia del sistema e della sanzione penale, e non certo in quello, voluto dal costituente, della riduzione dell’area dell’illecito penale e della pena detentiva.

Roma, 18 marzo 2017

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