Giustizia per Sekine Traore

fotosekineSekine Traore, 27 anni, partito dal Mali, sopravvissuto alla traversata del Mediterraneo e morto ammazzato in un luogo istituzionalizzato dello sfruttamento, in cui la vita scorre ben al di sotto di qualsiasi soglia di dignità.

Saranno le indagini e il lavoro dei magistrati ad accertare le responsabilità giuridiche della sua morte. Le responsabilità delle circostanze in cui questa è avvenuta sono però tutte politiche: le responsabilità di un’esistenza condotta in condizioni di assoluta marginalità sociale, in una tendopoli costruita da Ministero dell’Interno e Protezione civile per ospitare quattrocento persone ma in cui, nei periodi di massimo afflusso, arrivano a vivere anche in milleduecento in tende e baracche improvvisate. Un’esistenza da schiavi, a uso e consumo di una vasta filiera di sfruttamento.

Gli ultimi mesi di vita Sekine li ha trascorsi qui, in attesa che la sua richiesta di asilo fosse valutata, nonostante la stagione della raccolta sia finita da un pezzo. Oggi auspichiamo che l’inchiesta avviata dalla Procura della Repubblica di Palmi faccia piena chiarezza sulle dinamiche che hanno condotto alla morte del ragazzo, attraverso la valutazione delle testimonianze dei parenti e degli altri abitanti della tendopoli, che in molti punti divergono dalla versione ufficiale. Intanto all’autopsia eseguita sul corpo di Sekine ha assistito un medico dell’organizzazione Medici per i diritti umani (MEDU), nominato dai parenti della vittima. Progetto Diritti che è stata al fianco dei lavoratori africani di Rosarno dopo i tristi fatti del 2010, chiede che organi politici e autorità competenti si adoperino per dare risposte concrete e strutturali al problema dello sfruttamento, prima che un’altra morte intervenga a sollevare il velo su quest’inferno.

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