E’ giusta l’espulsione per lo straniero che non convive con il coniuge italiano

Fondamentale la sussistenza del requisito della convivenza per il rinnovo del permesso – Il caso riguarda un cittadino extracomunitario sposato dal 2007 con una cittadina italiana ed in possesso del permesso per motivi familiari. Nel 2010 si vede rigettare il rinnovo del permesso con la conseguente consegna di un decreto di espulsione, con la motivazione che era cessata la convivenza con il coniuge e per la sua “spiccata pericolosità”.

Ha dunque proposto ricorso al Tribunale di Bolzano che confermò gli atti del Questore. Quindi si è rivolto alla Corte di Appello di Trento. La Corte di merito ha rilevato che sussistevano comprovati indici della pericolosità del richiedente il rinnovo, desumibili dai maltrattamenti recati al coniuge ormai separato, e dai precedenti penali di cui alla condanna del GUP di Bolzano del 2005.

Ha dunque proposto ricorso in Cassazione che per decidere ha richiamato la sentenza n. 17346 del 2010, in cui il familiare coniuge del cittadino italiano dopo i primi tre mesi di soggiorno “informale”, è tenuto a richiedere la carta di soggiorno e, sino a che non ottenga detto titolo, la sua condizione di soggiornante regolare rimane disciplinata dalla legislazione nazionale, in forza della quale, ai fini della concessione del permesso di soggiorno per coesione familiare è imposta la sussistenza del requisito della convivenza effettiva il cui accertamento compete all’Amministrazione.

Per quest’ultimo motivo la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e chiede alla Questura di convalidare il decreto di espulsione.

l’ordinanza n. 6315 del 20 Aprile 2012 della Corte di Cassazione

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Rileva

Il Collegio che il relatore designato nella relazione depositata ex art. 380 bis c.p.c. ha formulato considerazioni nel senso: che il cittadino albanese *****, coniugato con la cittadina italiana ***** dal 21.06.2007 e già munito di permesso per motivi familiari rilasciato dal Questore di Bolzano, si vide rigettare con decreto 18.3.2010 l’istanza di rinnovo di tale titolo e contestualmente notificare decreto di espulsione immediata, essendosi il diniego di rinnovo fondato sulla cessazione della convivenza con il coniuge italiano e sulla spiccata pericolosità de! richiedente; il Tribunale dì Bolzano adito dal ***** annullò quindi il diniego con atto del 15.7.2010 ed il Questore con decreti 13 e 16.8.2010 rinnovò il rigetto della istanza di rinnovo e la misura di espulsione; il ***** con ricorso reiterò l’opposizione al rigetto ma il Tribunale di Bolzano con decreto 20.10.2010 la respinse sul rilievo della comprovata cessazione della convivenza e della spiccata pericolosità del richiedente; il ***** quindi, ha proposto reclamo 2.11.2010 che la Corte di Appello di Trento-s.d. di Bolzano ha rigettato con decreto del 30.12.2010; che nel proprio provvedimento la Corte di merito ha rilevato che sussistevano comprovati indici della pericolosità del richiedente il rinnovo, desumibili dai maltrattamenti recati al coniuge ormai separato, e dai precedenti penali di cui alla condanna del GUP di Bolzano del 18.11.2005, che non era invocabile ad escludere il rilievo della cessazione della convivenza il regime di cui al d.lvo 30 del 2007 posto che, alla stregua della giurisprudenza di legittimità, difettava il presupposto per l’ingresso di tale normativa nella specie, quello dell’acquisizione della Carta di Soggiorno, che la convivenza con la moglie poteva ritenersi certamente cessata alla luce delle emergenze probatorie acquisite;

che il provvedimento è ricorribile per cassazione ed è stato fatto segno a ricorso per cassazione in data 8.4.2011 al quale non ha resistito l’intimata amministrazione;

che ad un ricorso per cassazione avverso provvedimento pubblicato, come nella specie, il 30.12.2010, devono essere applicate le disposizioni di cui all’art. 360 bis c.p.c. introdotto dall’art. 47 della legge n. 69 del 2009;

che: il primo motivo del ricorso, devesi ritenere privo di alcun fondamento, posto che la censura alla affermazione della ostatività della situazione processuale penale del richiedente viene censurata con la mera contrapposizione, alla opinione espressa dal Tribunale e dalla Corte territoriale, della di poco precedente diversa opinione espressa dal Tribunale con il decreto 14.7.2010: difetta quindi una esposizione precisa e pertinente dei vizi logici che attingerebbero la autonoma, ed in questa sede rilevante, valutazione espressa dalla Corte di merito con riguardo alle acquisizioni richiamate a pag. 4 dell’impugnato decreto; il secondo motivo del ricorso è privo di consistenza, avendo la Corte di merito applicato puntualmente il principio posto da questa Corte (decisione n, 17346 del 2010), seguito dalla giurisprudenza successiva, e condiviso dal relatore, che è stato massimato nel senso che: il familiare coniuge del cittadino italiano (o di altro Stato membro dell’Unione europea), dopo aver trascorso nel territorio dello Stato i primi tre mesi di soggiorno “informale”, è tenuto a richiedere la carta di soggiorno ai sensi dell’art. 10 del d.lgs. n. 30 del 2007 e, sino al momento in cui non ottenga detto titolo (avente valore costitutivo per l’esercizio dei diritti nell’Unione europea), la sua condizione di soggiornante regolare rimane disciplinata dalla legislazione nazionale, in forza della quale, ai fini della concessione del permesso di soggiorno per coesione familiare (artt. 19, comma 2, lett. C), dei d.lgs. n. 286 del 1998 e 28 del d.P.R. n. 394 del 1999), nonché ai fini della concessione e del mantenimento del titolo di soggiorno per coniugio, è imposta la sussistenza del requisito della convivenza effettiva il cui accertamento compete all’Amministrazione ed è soggetto al controllo del giudice, il terzo motivo – che contesta la persuasività delle valutazioni fatte in punto cessazione della convivenza – è inammissibile là dove né evidenzia vizi logici della valutazione esposta a pag. 7 del decreto né si fa carico dell’apprezzamento che la stessa Corte ha riservato alle dichiarazioni (in tesi “confessorie”) della *** rese in interrogatorio innanzi alla Corte di Bolzano; il Quarto motivo afferente la valutazione reddituale appare affatto assorbito nella reiezione del terzo; il quinto motivo è radicalmente inammissibile là dove invoca, peraltro a sproposito, i limiti all’allontanamento del familiare del cittadino comunitario di cui all’art. 20 del d.lgs. 30 del 2007 senza avvedersi che la questione non è stata trattata dalla Corte di Appello (non potendo essere da essa esaminata, posto che si trattava di conoscere in unico grado, dal GdP competente, della opposizione ad una espulsione adottata ai sensi del d.lgs. 286 del 1998) che, ove si condivida il formulato rilievo, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio e respinto per manifesta infondatezza.

Osserva

La relazione, ad avviso del Collegio, merita piena condivisione anche alla luce del significativo difetto di alcun rilievo critico da parte della difesa del ricorrente. Si rigetta pertanto il ricorso, senza che sia luogo a regolare le spese.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Depositato in cancelleria
il 20 aprile 2012

la sentenza n. 17346 del 23 Luglio 2010 della Corte di Cassazione

Il “familiare”- coniuge del cittadino italiano (o di altro Stato membro dell’Unione europea), dopo aver trascorso nel territorio dello Stato i primi tre mesi di soggiorno “informale”, è tenuto a richiedere la Carta di soggiorno ai sensi dell’art. 10 del d.lgs. n. 30 del 2007 e sino al momento in cui non ottenga detto titolo la sua condizione di soggiornante regolare rimane disciplinata dalla legislazione nazionale, in forza della quale, ai fini della concessione del permesso di soggiorno per coesione familiare (artt. 19, comma 2, lett. C, del d.lgs. n. 286 del 1998 e 28 del d.P.R. n. 394 del 1999), nonché ai fini della concessione e del mantenimento del titolo di soggiorno per coniugio, è imposta la sussistenza del requisito della convivenza effettiva.

Lunedì, 7 Maggio 2012