Rapporto del Comitato per la prevenzione della tortura (CPT) del Consiglio d’Europa sui respingimenti in mare effettuati dall’Italia nel luglio 2009 e la risposta del Governo italiano. Respingimenti in Libia : l’Italia ha negato un accesso effettivo al sistema di protezione dei rifugiati.
I respingimenti in mare effettuati dall’Italia nel luglio 2009 sono illegittimi secondo il Comitato per la prevenzione della tortura (CPT) del Consiglio d’EuropaIl Comitato per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT) del Consiglio d’Europa ha pubblicato oggi il rapporto relativo alla visita ad hoc condotta nel luglio 2009 in Italia, nonché la risposta del Governo italiano. Entrambi i documenti sono stati resi pubblici su richiesta delle autorità italiane. Secondo il CPT la politica italiana del “respingimento”, che consiste nell’intercettare migranti in mare e nel costringerli a tornare in Libia o in altri paesi non europei, rappresenta una violazione del principio di non-respingimento. Il CPT sottolinea che l’Italia è vincolata al principio di non-respingimento indipendentemente dal luogo in cui essa eserciti la sua giurisdizione, il che non esclude l’esercizio della stessa attraverso il proprio personale e le navi coinvolte nella protezione dei confini o nel soccorso in mare, anche quando operino al di fuori delle acque territoriali. Inoltre, tutte le persone che rientrano sotto la giurisdizione dell’Italia dovrebbero poter avere la possibilità di richiedere la protezione internazionale e di fruire delle strutture necessarie. Secondo le informazioni a disposizione del CPT, durante il periodo preso in esame, le autorità italiane non hanno offerto ai migranti intercettati in mare tali possibilità e strutture. Al contrario, alle persone rinviate in Libia nel quadro delle operazioni condotte da maggio a luglio 2009, è stato negato il diritto di ottenere una valutazione individuale del proprio caso, nonché un accesso effettivo al sistema di protezione dei rifugiati.
Respingimenti, Strasburgo boccia Italia
Il Comitato per la prevenzione della tortura (Cpt) del Consiglio d’Europa boccia la politica dei respingimenti seguita dall’Italia, esorta il governo a riesaminare immediatamente e in modo sostanziale la prassi delle intercettazioni in mare e chiede l’apertura di un’inchiesta per verificare quanto avvenuto durante alcune operazioni di respingimento. Una posizione condivisa anche dall’alto commissario Onu per i rifugiati, Antonio Guterres, il quale ha auspicato che Roma riveda al più presto la sua politica in materia di respingimenti
Nel rapporto presentato oggi, il Cpt parla di maltrattamenti avvenuti su navi italiane e di rinvio di persone che potevano avere diritto a richiedere asilo. Ma anche del rifiuto del governo italiano a fornire le informazioni richieste e di un uso ‘pretestuoso’ di leggi e accordi per sostenere che la politica dei respingimenti adottata nel 2009 ha una solida base legale.
Nel documento si parla di calci, pugni e colpi di remo inferti dalla polizia libica su due navi della Guardia Costiera attraccate a Tripoli per costringere i migranti a scendere. Così è finita l’operazione di respingimento del sei maggio 2009. Il primo luglio, durante un’altra operazione, ad essere maltrattati da personale della Marina italiana sarebbero stati sei migranti, tra cui una donna incinta, perché si rifiutavano di trasbordare dalla nave italiana a una libica. Le ferite riportate sono state tanto serie da richiedere il ricovero in un ospedale libico. Le autorità italiane hanno ammesso di aver usato la forza, ma in modo ‘proporzionale’, per impedire ad alcuni migranti di scendere sotto coperta. Il Cpt raccomanda all’Italia di aprire un’inchiesta per accertare i fatti e il governo ricorda che ci sono delle inchieste già in corso sulle operazioni condotte durante il 2009.
Per il Cpt non è possibile sapere con assoluta certezza quanti potenziali richiedenti asilo, minori e donne incinte siano stati respinti durante le operazioni condotte tra il 6 maggio e il 30 luglio del 2009. Dai dati forniti dalle autorità italiane risulta che tra i 625 migranti respinti in Libia e Algeria non vi fosse nessun richiedente asilo o alcuna persona che abbia fatto domanda in tal senso. Ma dalle informazioni raccolte dal Cpt emerge che c’erano persone in possesso di documenti rilasciati dall’Unhcr e che molti dei migranti non sono affatto a conoscenza del fatto che esista una procedura per richiedere asilo oltre al fatto che spesso il loro stato fisico non gli permette di farlo. Inoltre il personale sulle navi italiane non è stato istruito su come eventualmente procedere all’identificazione di possibili rifugiati né è tenuto a informare i migranti che esiste questa possibilità.
Secondo il Cpt l’Italia ha obblighi ‘superiori’ che attualmente sta violando, come quello di rispettare la Convenzione europea dei diritti dell’uomo che impone di non rinviare persone in Paesi dove rischiano tortura e maltrattamenti anche attraverso una identificazione individuale dei migranti respinti. Su questa base 24 migranti respinti a maggio hanno presentato un ricorso che attualmente pende davanti alla Corte di Strasburgo.