PACE E DIRITTI NELLA REGIONE KURDA
Una primavera dei popoli ai confini dell’Europa: questo è lo scenario a cui assistiamo negli ultimi mesi. La regione mediterranea ed il Medio Oriente sono attraversati da un vento di libertà, e cercano strade democratiche e pacifiche di rinnovamento.
La discussione alle Nazioni Unite sul riconoscimento dello stato palestinese costituisce una importante occasione per riflettere sulla ricerca di soluzioni pacifiche ai conflitti in corso in quell’area.
Una grande questione però rischia di essere dimenticata dalla opinione pubblica europea e cancellata dall’agenda politica internazionale: quella relativa al riconoscimento dei diritti del popolo kurdo, ovvero di quaranta milioni di persone che vivono tra l’Anatolia e la Mesopotamia, nei confini di quattro stati differenti (Turchia, Iran, Iraq e Siria).
Eppure, nonostante il grande successo ottenuto dagli esponenti del movimento curdo alle elezioni del Parlamento turco del giugno scorso, permangono in Turchia – paese in cui vivono circa venti milioni di kurdi – lo stato di detenzione ed i processi nei confronti di centinaia di esponenti politici ed amministratori locali curdi, e la sistematica negazione delle istanze di riconoscimento dei diritti culturali e linguistici del popolo curdo, e nelle ultime settimane nelle regioni al confine tra Turchia ed Iraq si è assistito a massicce operazioni militari messe in atto dall’esercito turco che hanno causato numerose vittime e pesanti perdite per le popolazioni che vivono in quell’area, innescando un ulteriore inasprirsi del conflitto dalle imprevedibili conseguenze.
Tali operazioni si sono sviluppate nello stesso periodo in cui l’esercito iraniano attaccava da est la regione irakena del Kurdistan in cui trovano rifugio gli oppositori curdi al regime degli ayatollah.
La scelta di ricorrere ancora una volta allo strumento militare contraddice la volontà proclamata dal governo turco guidato da Erdogan di trasformare la Turchia in una democrazia moderna e rispettosa dei diritti umani e rischia di alimentare una spirale di violenza, da tutte le parti, con la conseguenza di ostacolare le possibilità di dialogo, essenziale per una composizione politica del conflitto.
I passi in avanti compiuti dalla Turchia in questi anni per consolidare la democrazia, anche in ragione del dialogo per l’adesione all’Unione Europea, rischiano – senza un approdo effettivo a una soluzione politica della questione curda – di giungere ad uno sbocco assolutamente inadeguato, sia sotto il profilo del raggiungimento degli standard democratici della Turchia, sia con riguardo ad una prospettiva di pace duratura nell’area mediorientale.
E’ compito dell’Europa promuovere il rispetto dei diritti dei popoli e la soluzione pacifica dei conflitti; è interesse dell’Europa rafforzare il dialogo con la Turchia, anche per il ruolo di sempre maggiore influenza che essa esercita sullo scacchiere internazionale, in una prospettiva condivisa di allargamento dei confini dell’Unione; ma tale dialogo deve porre come elemento essenziale ed ineludibile il riconoscimento dei diritti fondamentali del popolo curdo e la ricerca di una soluzione politica della questione curda.
L’Italia, paese europeo e mediterraneo, può giocare un ruolo politico e diplomatico importante per la costruzione ed il rafforzamento della democrazia e della pace nell’area mediterranea ed ai confini dell’Europa.
La necessità di un passo verso la pace è resa ancora più urgente dalla drammatica situazione che segue il devastante terremoto che ha colpito la città di Van e la regione circostante, causando centinaia di morti, migliaia di feriti, immense distruzioni e che richiede rapidi soccorsi e incisive politiche di ricostruzione e sviluppo.
Per questo chiediamo a tutte le parti di giungere ad un immediato cessate il fuoco e all’abbandono di ogni forma di violenza ed ai massimi rappresentanti istituzionali del nostro paese di avviare ogni passo necessario nei confronti della Turchia e dell’Unione Europea, perché, perché siano rispettati i diritti civili e politici del popolo curdo e la sua istanza di autonomia democratica, perché si ponga fine ad un conflitto senza sbocco, e si giunga ad una soluzione pacifica e complessiva della questione curda che veda la partecipazione di tutti i soggetti coinvolti, unica garanzia di una pace stabile e duratura, e perché questo passaggio determini l’auspicabile piena integrazione della Turchia nell’Unione Europea.
Primi firmatari: On. Jean-Léonard Touadì (Partito Democratico, Commissione Esteri Camera dei Deputati); On. Leoluca Orlando (Italia dei Valori, Commissione Esteri della Camera dei Deputati); Nichi Vendola (Presidente Sinistra Ecologia e Libertà); Luigi De Magistris (Sindaco di Napoli); Moni Ovadia, Massimo Ghini, Alessandro Forlani (ex-parlamentare, UDC); Fabio Amato (responsabile esteri PRC); Gennaro Migliore (responsabile esteri SEL); Luisa Morgantini (ex-vicepresidente Parlamento Europeo); padre Alex Zanotelli (missionario comboniano); Sergio D’Elia (segretario Nessuno Tocchi Caino); Roberto Natale ( Presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana); Arturo Salerni (Presidente Europa Levante), Alessia Montuori (Presidente Senzaconfine); Mario Angelelli (Presidente Progetto Diritti), Mauro Palma (Presidente onorario di Antigone); Alessandro Marescotti (Presidente di PeaceLink); Lisa Clark (Beati i Costruttori di Pace); Associazione Antimafia Rita Atria; Giovanni Russo Spena (responsabile giustizia PRC); Riccardo Orioles (I Siciliani); Graziella Proto (direttrice rivista Casablanca); Alessio Di Florio (Associazione Peacelink); Danilo Zolo (professore Università di Firenze Facoltà di Giurisprudenza)