Cassazione – Permesso di soggiorno al familiare che convive con il minore straniero entro il 4° grado

08.05.2012

Corte di Cassazione, Sesta sezione Civile, ordinanza del 3 Maggio 2012, n. 6694

Vige il divieto di espulsione per il parente straniero entro il quarto grado del cittadino italiano pur se questi minorenne . Lo ha nuovamente chiarito la Suprema Corte, rigettando un  ricorso del Ministero dell’Interno.

La Corte ha ritenuto che il provvedimento impugnato fosse conforme alla giurisprudenza più recente  (Cass., 23 settembre 2011 n. 19464), la quale, dopo avere dato atto che, nella fattispecie decisa, la volontà di mantenere rapporto di convivenza era stata manifestata sia dal minore che dai genitori dello stesso, ha ritenuto operante il divieto di cui all’art. 19 T.U.I. (in senso conforme cfr I, c.c. del 14 novembre 2011 su ricorso R.G. 3291/2010, in corso di pubblicazione, in relazione a minore di sette mesi di età).
“La dottrina ha evidenziato” – ricorda la Corte – ” che la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata con L. n. 176 del 1991, all’art. 12, introduce l’obbligo di tener conto delle opinioni del minore in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo riguardi solo se si tratti di “fanciullo capace di discernimento” e “tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità” prevedendo, peraltro, che il minore possa essere ascoltato non solo direttamente, ma anche tramite di un rappresentante o di un organo appropriato, compatibilmente con le regole della legislazione nazionale”.
Nella concreta fattispecie di parente di nazionalità italiana dello straniero espulso aveva, all’epoca, quattro anni e la volontà di mantenere la convivenza con il parente entro al quarto grado è stata espressa da genitori del minore.
Ciò è quanto basta (rapporto di parentela entro al quarto grado e convivenza volontaria con il parente) per ritenere sussistente il divieto di cui all’art. 19 n. 2 lett. c) T.U.I., nel testo applicabile ratione temporis.”

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SESTA SEZIONE CIVILE
ORDINANZA
Ritenuto in fatto in diritto
1. La relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. e’ del seguente tenore: “1. – Il
Ministero dell’Interno ha proposto ricorso per cassazione – affidato ad un solo motivo –
contro il decreto depositato il 10.3.2011 con il quale la Corte d’appello di Milano ha
rigettato il reclamo proposto dalla predetta Amministrazione avverso il provvedimento del
Tribunale che aveva accolto il ricorso proposto da XXXX contro il diniego di permesso di
soggiorno, richiesto il 5.11.2008, per motivi familiari ai sensi degli artt. 28 lett. b) D.P.R. n.
394/1999 e 30 d.lgs n. 286/1998.
Secondo la corte del merito, poiché il cittadino straniero conviveva con il nipote, minore di
età, avente cittadinanza italiana (il quale all’epoca della richiesta di permesso di soggiorno
aveva quattro anni), era applicabile il divieto di espulsione di cui all’art. 19, comma 2, lett.
c), d.lgs n. 286/1998, talché ai sensi degli artt. 28 lett. b) D.P.R. n. 394/1999 e 30 d.lgs n.
286/1998 il questore avrebbe dovuto rilasciare il permesso di soggiorno per motivi
familiari, posto che nella concreta fattispecie il padre del minore aveva confermato
“l’adesione progetto di convivenza”.
L’intimato non ha svolto difese.
2. – L’Amministrazione ricorrente denuncia violazione di legge invoca la giurisprudenza
della S.C. secondo la quale la situazione di convivenza dello straniero con parente entro il
quarto grado di cittadinanza italiana e minori di età non configura la condizione di divieto
d’espulsione del primo prevista dall’art. 19, secondo comma, lettera c) del d.lgs. 25 luglio
1998, n. 286, (nella formulazione vigente anteriormente alla modifica introdotta dall’art. 1,
comma 22, lett. p), della legge 15 luglio 2009, n. 94), in quanto la predetta condizione non
può essere fondata su una scelta volontaria che deve escludersi possa essere espressa
da una minore nè potrebbe essere manifestata dagli esercenti la potestà genitoriale
(principio applicativo da Sez. 1, sentenza n. 15246 del 4 luglio 2006 ad una fattispecie
nella quale era invocata la convivenza dello straniero con parente entro il quarto grado di
cittadinanza italiana di quattro anni).
Il ricorso appare manifestamente infondato.
Invero, il provvedimento impugnato è conforme alla giurisprudenza più recente di questa
Sezione (Cass., 23 settembre 2011 n. 19464, la quale, dopo avere dato atto che nella
fattispecie decisa la volontà di mantenere rapporto di convivenza era stata manifestata sia
dal minore che dai genitori dello stesso ha ritenuto operante il divieto di cui all’art. 19
T.U.I.; in senso conforme cfr I, c.c. del 14 novembre 2011 su ricorso R.G. 3291/2010, in
corso di pubblicazione, in relazione a minore di sette mesi di età).
La dottrina ha evidenziato che la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20
novembre 1989, ratificata con L. n. 176 del 1991, all’art. 12, introduce l’obbligo di tener
conto delle opinioni del minore in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo
riguardi solo se si tratti di “fanciullo capace di discernimento” e “tenendo conto della sua
età e del suo grado di maturità” prevedendo, peraltro, che il minore possa essere ascoltato
non solo direttamente, ma anche tramite di un rappresentante o di un organo appropriato,
compatibilmente con le regole della legislazione nazionale”.
Nella concreta fattispecie di parente di nazionalità italiana dello straniero espulso aveva,
all’epoca, quattro anni e la volontà di mantenere la convivenza con il parente entro al
quarto grado è stato espresso da genitori del minore.
Ciò è quanto basta (rapporto di parentela entro al quarto grado e convivenza volontario
con il parente) per ritenere sussistente il divieto di cui all’art. 19 n. 2 lett. c) T.U.I., nel testo
applicabile ratione temporis.
Il ricorso, dunque, può essere deciso in camera di consiglio.
2.- Il Collegio condivide le conclusioni della relazione e le argomentazioni sulle quale essi
si fondano e che concludono con il rigetto del ricorso.
Nulla va disposto in ordine alle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 28 marzo 2012.