Campagna “mostri”: storie.

La prima storia si svolge tra Roma e Dakar, in Senegal. 

Quando si parla di immigrazione la narrazione dei media acquisisce toni apocalittici, si è finiti per formare una rappresentazione tragica ed angosciante di tutto ciò che ha a che fare con i migranti. I flussi migratori vengono raccontati, o attraverso indici statistici, incapaci di descrivere un fenomeno così articolato e privi per natura  di un analisi che tenga conto degli aspetti relativi alla persona umana, oppure dandoci idea di un’orda di selvaggi pronti a mettere a ferro e fuoco le case di noi ITALIANI. Così abbiamo deciso, dato il gran numero di  persone che si sono rivolte a noi nel corso degli anni, di selezionare alcuni di questi casi per far emergere chi sono veramente questi “mostri”. É venuto fuori che gran parte delle storie in nostro possesso parlano di vite in cerca di un esistenza normale e dignitosa, la cui unica colpa sembra essere la terra da cui provengono.

“S” (per motivi legati alla privacy la chiameremo così) arriva in Italia nel 2012 con un permesso di soggiorno per motivi di studio. 

Segue per tre anni i corsi di Scienze Politiche all’Università degli studi di Roma Tre, arrivando all’ultimo anno con discreti risultati e senza eccessivi intoppi. La carriera universitaria di “S” viene però messa a repentaglio da un’improvvisa malattia, che la costringe a casa per circa un mese; fino a quando decide di imbarcarsi su un aereo diretto in Senegal per affrontare insieme ai suoi cari la guarigione. Una volta ristabilita, nel marzo del 2018, “S” si rivolge al consolato italiano richiedendo il rinnovo del  visto per motivi di studio. Nonostante gli sforzi della ragazza, dei nostri operatori e le ripetute sollecitazioni dell’università “S” è ancora in attesa del permesso, dopo svariati e ingiustificati rifiuti. Si tratta di un’eclatante violazione del diritto all’istruzione, affatto controbilanciata da motivi di sicurezza. Purtroppo l’unica vittima di    questa incomprensibile ingiustizia è una ragazza di venticinque anni, il cui unico scopo è quello di portare a termine il suo ultimo anno di università. Questi sono i “mostri” da cui (non) ci dobbiamo difendere. 

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