Sono passati 30 anni dalla storica adozione della “Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti“. Attraverso quello strumento, la comunità internazionale prendeva atto dell’esistenza di un diritto assoluto a non subire tortura e di un divieto inderogabile di praticarla; e imponeva agli Stati parti norme il cui scopo è di eliminare nei fatti ciò che già all’epoca era universalmente ripudiato a parole.
Tra gli obblighi, numerosi e impegnativi, di prevenzione e repressione della tortura previsti dalla Convenzione, ve n’è uno particolarmente importante: si tratta dell’obbligo di assicurare che tutti gli atti di tortura, così come definiti nella Convenzione stessa, siano previsti come reato nell’ordinamento giuridico dello Stato parte. L’Italia ha depositato la propria ratifica della Convenzione venticinque anni fa, nel 1989 ma, com’è noto, nonostante il lungo tempo trascorso il nostro ordinamento giuridico tuttora non contempla (se non nelle leggi militari) un reato specifico di tortura.
L’inadeguatezza della soluzione consistente nella mera “copertura” dei fatti rientranti nella definizione di tortura della Convenzione del 1984 attraverso figure di reato generiche, in ogni caso inidonee a cogliere l’essenza del fenomeno, è confermata da diverse vicende giudiziarie degli ultimi anni. La vicenda relativa ai fatti di Genova del 2001 si è conclusa, con due sentenze della Corte di Cassazione rispettivamente del 2012 e del 2013, in modo del tutto insoddisfacente. Molte, fra le decine di persone, la cui responsabilità per le gravi violazioni dei diritti umani commesse in quell’occasione è stata confermata, sono di fatto sfuggite alla giustizia. Le condanne, infatti, sono arrivate tardi, le pene non riflettono la gravità delle condotte accertate e, in molti casi, non sono state eseguite a causa della prescrizione. Il Senato della Repubblica ha approvato il 5 marzo scorso un testo unificato che è stato trasmesso alla Camera dei Deputati che lo sta attualmente discutendo assieme ad altre proposte sul medesimo argomento. Le Associazioni firmatarie della presente lettera auspicano vivamente, che l’iter parlamentare possa concludersi al più presto in maniera soddisfacente: un ennesimo nulla di fatto sarebbe, dopo un quarto di secolo, inaccettabile. Al tempo stesso, è essenziale che il reato di tortura sia previsto nell’ordinamento italiano in modo conforme all’art.1 della Convenzione contro la tortura del 1984. In particolare, sarebbe inammissibile, a nostro avviso, qualunque formulazione che rendesse necessario che gli atti che costituiscono tortura fossero più di uno. E’ fondamentale, infine, e costituisce ancora una volta adempimento di un obbligo posto dalla Convenzione internazionale, la previsione di sanzioni adeguate alla gravità della condotta.
Chiediamo, pertanto, che il 2014 sia l’anno decisivo per la introduzione del reato di tortura nell’ordinamento nazionale, mettendo un punto ad una situazione che non fa onore al nostro paese.