Settantadue famiglie svegliate di soprassalto dai blindati della polizia negli stabili occupati. Ventuno perquisizioni e quarantuno indagati per associazione a delinquere a scopo estorsivo. Tre edifici sgomberati: l’ex scuola Hertz all’Anagnina, il condominio di via delle Acacie a Centocelle e lo spazio sociale Angelo Mai Altrove Occupato in via delle Terme di Caracalla, uno dei più prestigiosi laboratori artistici a livello internazionale. Tutto questo è avvenuto il 19 Marzo scorso, in seguito all’azione decisa dalla Procura di Roma in base a un’inchiesta che vede coinvolto il Comitato Popolare di lotta per la Casa, una delle realtà che maggiormente negli ultimi anni si è battuta per la difesa del diritto all’abitare.
Per quattordici dei quarantuno indagati nell’inchiesta condotta dal Pm Luca Tescaroli vengono chieste misure cautelari molto pesanti (cinque custodie cautelari e nove divieti di dimora a Roma). Il Gip nell’udienza del 28 Aprile si è riservato di decidere entro i prossimi giorni.
Nel frattempo le famiglie sgomberate sono state temporaneamente sistemate in diversi residence nelle periferie romane, accolte dall’indignazione degli abitanti che temono la svalorizzazione degli immobili. In tal modo una comunità faticosamente costruita è stata disgregata e spezzata.
Un appello è stato firmato da numerosissimi esponenti della scena artistica nazionale affinché l’Angelo Mai sia dissequestrato e torni ad essere punto di riferimento ed aggregazione per quanti si riconoscono in un modello collaborativo del fare cultura, centro di accoglienza solidale, officina creativa e fucina di arti con una programmazione di eventi di altissimo livello.
Nel frattempo in queste settimane, sull’onda dell’indagine della Procura, alcuni organi di stampa hanno promosso una campagna denigratoria contro i movimenti per il diritto all’abitare. I titoli sono eloquenti e la lettura (spesso strumentale) dei capi di imputazione e dei presunti elementi a favore dell’accusa configurano uno scenario cupo, infamante, fatto di minacce, percosse, estorsioni, connivenze e in grado di influenzare le scelte delle istituzioni. Niente di più lontano da quanto i movimenti di lotta per il diritto all’abitare praticano anche e spesso in conflitto con gli abusi della speculazione edilizia e con le negligenze, il disinteresse, l’incapacità della politica.
Senza entrare nel merito dell’inchiesta alcune riflessioni sono d’obbligo. La prima è quella che ci pone di fronte alla dialettica di due visioni del mondo, da cui scaturiscono due modalità di lettura dei fatti. L’avvocato Arturo Salerni, difensore degli indagati, sottolinea la difficoltà di far dialogare di fronte ai magistrati due esigenze contrapposte: quella della tutela della legalità, così come sancita nel nostro codice penale all’art. 633, che prevede la punizione dell’invasione di terreni o edifici e quella della tutela di un diritto inalienabile, ovvero quello alla casa. Ma anche il diritto a progettare per sé stessi e per la propria famiglia una vita dignitosa, nonostante si sia disoccupati, in cassa integrazione o precari da una vita, titolari di pensioni ai limiti dell’indecenza, studenti, migranti impossibilitati a sostenere un affitto, portatori di gravi disabilità non in grado di produrre reddito.
Questa è l’umanità che abita gli spazi che le occupazioni, i movimenti per la casa, i teatri autogestiti hanno liberato dal non-uso e dall’abbandono, generando pratiche innovative di gestione degli spazi, basati sulla cooperazione, la creatività e sul modello dell’autocostruzione. Tutto questo nel quadro di una desertificazione della progettualità politica, schiacciata tra afasia e interessi dei potenti e nella mancanza di servizi pubblici e carenza di case popolari ingigantita dalle scelte di politica economica ispirate dalla devastante filosofia dell’austerità.
La scelta di interpretare le pratiche politiche dei movimenti per la casa che si esprimono attraverso le occupazioni, una realtà diffusa che attraversa le nostre città, esclusivamente nell’ottica duale legale/illegale è non solo miope ma alla luce dei fatti pericolosa. Perché consente margini d’arbitrio che fanno sì che esperienze di cittadinanza attiva e collaborazione possano configurare l’instaurarsi di un procedimento penale.
E qui veniamo alla seconda riflessione. Il rapporto con le istituzioni di alcune esponenti del Comitato di lotta per la casa è uno degli elementi utilizzato dall’accusa per supportare l’ipotesi dell’esistenza di un’associazione per delinquere capace di intervenire in modo pervasivo sulla società e sulle scelte degli organi istituzionali competenti. C’è quindi la volontà di relegare nei confini dell’illegalità anche l’attitudine di una parte del mondo politico di cercare soluzioni condivise rispetto a un bisogno insopprimibile che è quello dell’abitare. Il fatto che l’amministrazione comunale si occupi di ciò che esiste nella città, del disagio, della sofferenza, della carenza di risorse viene interpretato come un comportamento deviante rispetto alla norma. Norma che vuole che i diritti dei più deboli non abbiano cittadinanza nel discorso politico se non come offesa al decoro, minaccia all’ordine pubblico e ai privilegi dei potenti.
La scelta della Procura di attuare gli sgomberi, non concedere il dissequestro, valutare l’adozione di misure cautelari fortemente restrittive nei confronti degli indagati veicola un messaggio chiaro: la realtà dei movimenti che occupano è da confinare nel magma dell’illegalità, anche se essi si contrappongono alla negazione di un diritto inalienabile alla dimora. Al bisogno di sicurezza per la popolazione inteso in termini di welfare e dell’instaurarsi di relazioni virtuose tra territori e cittadinanza attiva si contrappone un’ideologia securitaria, un controllo sociale che ci condanna a un individualismo sfrenato, alla negazione della possibilità di esigere diritti di libertà.
Mary Cortese