COMUNICATO STAMPA
Progetto Diritti: “Sentenza Hamidovic. Italia condannata per violazione del diritto all’unità familiare”
La Corte europea per i diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per violazione del diritto all’unità familiare, a seguito di un’espulsione coattiva ai danni di una cittadina bosniaca di etnia rom, la Signora Nevresa Hamidovic disposta dalla Prefettura di Teramo.
La vicenda è stata seguita dall’avvocato Luca Santini, legale dell’associazione Progetto Diritti, dapprima davanti alle giurisdizioni nazionali e infine davanti ai giudici europei.
Il ricorso era stato inoltrato alla Corte di Strasburgo il 2 settembre del 2005.
La Corte, non appena esaminati gli atti, dispose, lo stesso giorno, la sospensione della procedura di rimpatrio, ritendendo la decisione adottata dalle Autorità italiane, rivolta ai danni di una donna madre di cinque figli minorenni e il cui marito era titolare di permesso di soggiorno, costituiva una restrizione ingiusta, sproporzionata e inutilmente restrittiva del diritto al sereno godimento della vita familiare.
Nonostante la sospensione decretata dalla Corte la signora Hamidovic era stata comunque trasportata coattivamente a Sarajevo, lontano dalla sua famiglia, il 6 settembre dello stesso anno. Sono stati necessari circa 14 mesi per far rientrare in Italia la ricorrente, in ottemperanza a quanto stabilito dalla Corte e sotto la costante supervisione dei Giudici europei. Solo nel corso nell’anno 2011 le Autorità italiane hanno concesso all’interessata un permesso di soggiorno per motivi familiari.
La Corte europea dei diritti dell’uomo ha dunque condannato l’Italia per violazione dell’articolo 8 della Convenzione e ha concesso un risarcimento in via equitativa di ammontare pari a diciasettemila euro.
L’Associazione Progetto Diritti esprime piena soddisfazione per il pronunciamento della Corte Europea, “una sentenza che rende giustizia a una donna trattata in modo inumano dalle istituzioni italiane e che da una parte riafferma i diritti fondamentali dei migranti come di ogni cittadino e dall’altra la disumanità delle prassi seguite in materia di immigrazione”.
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