fonte: meltingpot.org
Suicida in commissariato dopo 3 giorni di sequestro illegittimo. Ieri molto partecipato sit-in davanti alla Questura di Trieste per denunciare la gravissima vicenda di Alina.
Alina ha 32 anni quando muore nel commissariato di polizia di Opicina a Trieste. Non era in stato di fermo né di arresto, ma tre giorni prima era stata prelevata fuori dal carcere di Trieste, dove aveva finito di scontare nove mesi per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, da una volante della questura e portata in commissariato. Alina è morta suicidata, quaranta minuti di agonia appesa alle sbarre della finestra, davanti una telecamera di “sicurezza”, e nonostante questo nessuno è intervenuto. Un suicidio “assistito”.
Massimo De Bortoli, Pm della Procura di Trieste, apre un indagine e scoperchia il vaso di pandora della prassi questurina: il sequestro sistematico dei migranti in previsione della loro espulsione.
Carlo Baffi, dirigente dell’ufficio immigrazione della Questura di Trieste, è attualmente indagato per sequestro di persona e omicidio colposo.
Forse non è un caso a questo punto se nella perquisizione disposta dal Pm, nell’ufficio e nella abitazione di Carlo Baffi, vengono trovati e sequestrati libri nazisti e fascisti, libri di difesa della razza e “come riconoscere il giudeo”, poster del duce e simboli nazifascisti. Con estrema chiarezza Baffi aveva messo nel suo ufficio la targhetta Ufficio Epurazione con l’effige di Mussolini.
Al momento risultano oltre ad Alina Bonar Diachuk altre 49 persone sequestrate allo stesso modo, i fascicoli sono stati sequestrati nell’ufficio di Baffi e adesso si stanno facendo le ricostruzioni necessarie.
Questi i fatti di cui la gravità si evidenzia e comprende ogni giorno di più, ieri più di duecento persone hanno partecipato al presidio sotto la Questura di Trieste per chiedere verità e giustizia per Alina, portando la propria indignazione chiedendo che Carlo Baffi, tutt’ora responsabile dell’ufficio immigrazione, venga immediatamente rimosso dal proprio incarico.
Gli interventi di ieri sotto la Questura, hanno però evidenziato come la questione sia ben più ampia e complessa. Non stiamo parlando di una mela marcia o di casi isolati, come spesso ci dicono in questi casi, ma di una prassi illegale e criminale sistematica e di cui il questore Padulano senza vergogna afferma pubblicamente “siamo davanti a persone che hanno svolto il proprio dovere” e il problema eventualmente è la disorganizzazione delle istituzioni, nei fine settimana in assenza del giudice che disponga l’atto di espulsione va fronteggiato in qualche modo. La Questura di Trieste evidentemente ha deciso di affrontarlo sequestrando le persone e andando contro la legge.
Nelle ultime settimane nel dibattito attorno all’uscita del film Diaz, abbiamo sentito fin troppe volte da parte di sindacati di polizia e singoli dirigenti, noi non siamo quelli della Diaz, la polizia è strumento democratico di tutela dei diritti costituzionali riconosciuti. A tutti questi poniamo delle semplici domande: nella Questura di Trieste nessuno è mai entrato nell’ufficio di Carlo Baffi? Carlo Baffi lavorava in clandestinità o dentro un sistema riconosciuto e condiviso all’interno della Questura? Nessun poliziotto, sincero democratico come tanti si professano, ha mai avuto niente da ridire entrando in un “ufficio epurazione” diventato sacrario del fascismo? Quei poliziotti che materialmente sequestravano le persone, “eseguivano solamente degli ordini”, come nei peggiori cliché delle giustificazioni dei crimini di guerra?
Queste le domande poste anche ieri sotto la Questura, a cui francamente non aspettiamo risposta. Pretendiamo però che se ne vadano. Se ne vada Padulano, se ne vada Baffi e vengano evidenziate tutte le responsabilità, abbiamo il diritto di sapere con chi abbiamo a che fare ogni giorno nelle nostre strade e nei commissariati, dobbiamo sapere che se per qualche motivo una qualunque persona debba entrare in un ufficio di polizia non abbia più a rischiare il “malore attivo” di antica memoria o il “suicidio assistito” di Alina.
Fino a quando questo non accadrà saremo presenti in piazza, l’appuntamento è per martedì alle 17, ogni martedì alle 17, fino a quando dalla questura non verrà “epurato” l’epuratore Carlo Baffi.