Tunisini, in 200 fanno sciopero della fame – www.repubblica.it – 27.05.2011

“Questa non è accoglienza, è detenzione”

Succede nel Centro di Contrada Imbriacola dove vengono ospitate decine di persone che se ne vogliono andare, non a spasso per l’Italia ma tornarsene in Tunisia, da dove sono venuti e dove vorrebbero tornare ora che le cose vanno meglio. A quanto pare però, i rimpatri sono bloccati dal 23 aprile scorso, giorno dell’ultimo volo partito da Palermo e diretto a Tunisi

LAMPEDUSA– “Non mangiamo più così forse se moriamo ci riportano a casa nostra per seppellirci”.  Mentre parla al telefono Samir mischia francese e italiano. E’ sbarcato i primi di aprile a Lampedusa e ci ha messo meno di un mese ad imparare le parole fondamentali per farsi capire. Lui è uno dei 200 tunisini in sciopero della fame da circa 10 giorni perché “questo doveva essere un luogo di accoglienza e non di detenzioni”. Samir vive, anzi aspetta che lo lascino uscire, dal Centro di Contrada Imbriacola (Lampedusa): tre prefabbricati con stanze e bagni anche se in realtà l’area è suddivisa in due strutture diverse separate dai cancelli che delimitano la zona e intorno ai quali si riuniscono decine di persone che come Samir se ne vogliono andare. Non a spasso per l’Italia. Ma tornarsene in Tunisia, da dove sono venuti e dove vorrebbero tornare ora che le cose “a casa mia forse andranno meglio”. A quanto pare però, i rimpatri sono bloccati dal 23 aprile scorso, giorno dell’ultimo volo partito da Palermo e diretto a Tunisi. Samir racconta che “insieme agli altri abbiamo cominciato una protesta che non finirà finché non ci lasceranno”. In 200 sono reclusi  –  dice – senza nessun dritto. 

Sempre alta la tensione. In teoria, infatti, il provvedimento di trattenimento dovrebbe prima essere convalidato da un Giudice di Pace entro 48 ore dalla sua adozione e poi da un altro giudice che confermi la procedura. Samir invece dice che non ha visto nessun avvocato. In più, ci sarebbe anche la Corte Costituzionale che nella sentenza numero 105/01 e in quella 222/04 afferma che, nei casi in cui si limiti la libertà personale, vige comunque l’art.13 della Costituzione che la definisce “inviolabile”. Così da circa una settimana Samir e gli altri hanno smesso di mangiare. Alcuni  –  spiega – si sono sentiti male. A quel punto è scoppiata la tensione con le forze dell’ordine perché “noi chiedevamo che aprissero le porte dell’infermeria” ma gli agenti, per timore che uscissero tutti, ci hanno messo un po’ prima di dare il via libera. A quel punto sono anche volate delle bottiglie e delle scarpe lanciate – ammette Samir  –  contro le forze dell’ordine schierate intorno alle recinzioni. 

Gente sposata con cittadini UE. Il 24 mattina, i 200 tunisini hanno appeso nel cortile del Cda un manifesto: “Vogliamo la libertà”. Poi, nel pomeriggio, hanno trasportato fuori del centro di accoglienza le loro coperte, i materassi e anche i cuscini. “Così  –  dice Samir  –  abbiamo passato tutta la notte all’aperto”. Lui è uno di quelli che ha chiesto l’asilo politico ma il Contrada Imbriacola ospita anche uomini e donne sposati con cittadini europei. “Conosco uno, Taoufik credo si chiami, che ha la fede ed è sposato con Agnita, il nome me lo ricordo perché lo ripete sempre: è una donna olandese”.

di GIULIA CERINO