In Turchia violenta repressione di ogni forma di dissenso, soprattutto in seguito all’inizio dell’operazione Ramoscello d’ulivo, con l’attacco militare ad Afrin, enclave curda nel nord della Siria. Così il Tribunale ordinario di Roma – Sezione Diritti della persona e immigrazione civile, con sentenza del 26/2/2018, ha motivato il riconoscimento della protezione sussidiaria a un cittadino turco di etnia curda che aveva ricevuto parere negativo dalla Commissione Territoriale.
Il cittadino, difeso dall’avvocato di Progetto Diritti Lorenzo Tardella, si era dichiarato simpatizzante dell’HDP, partito filocurdo. Proprio durante la sua partecipazione a una manifestazione organizzata dal partito nel 2014, quando era in corso l’offensiva dell’Isis contro la città di Kobane, era stato ferito a un occhio da un lacrimogeno. I successivi interventi non sono bastati a fargli riacquistare la vista dall’occhio offeso. Considerata la possibilità di finire agli arresti aveva scelto di raggiungere l’Italia.
Nonostante egli non sia un militante del partito di opposizione HDP né si sia mai occupato attivamente di politica, la giudice ha ritenuto che rientrando in Turchia e, in particolare nel sud-est a maggioranza curda, egli correrebbe “per la sua sola presenza sul territorio un rischio effettivo di minaccia alla sua vita o alla sua persona”. Questo considerando la feroce repressione seguita al fallito golpe del 2016, con arresti di massa di politici, giornalisti, accademici, episodi provati di tortura e trattamenti inumani, licenziamenti, censure, chiusure di organi di informazione e associazioni per i diritti umani, destituzione di amministratori locali appartenenti all’HDP, e le sostanziali e perduranti violazioni dei diritti umani perpetrate nell’impunità dal regime di Erdogan avverso qualsiasi forma di dissenso e soprattutto nei confronti della popolazione curda. La giudice fa poi espresso riferimento all’inasprimento della repressione negli ultimi due mesi, dopo l’inizio dell’operazione Ramoscello d’ulivo e l’attacco militare all’enclave curda di Afrin nel nord della Siria. Le centinaia di arresti, la maggior parte dei quali nei confronti di cittadini di etnia curda, avvenuti in Turchia sarebbero stati motivati dall’opposizione che gli indagati hanno mostrato nei confronti dell’operazione militare turca, peraltro contraria ai principi del diritto internazionale, anche semplicemente con commenti negativi sui social media.
“Alla luce della situazione così come delineata – ha concluso la giudice – in cui vengono represse in maniera decisa anche le forme di dissenso politico e non violento di matrice curda, è del tutto verosimile che il ricorrente possa correre il rischio di un effettivo grave danno proprio sotto il profilo dei trattamenti degradanti”.
QUI la sentenza del Tribunale Ordinario di Roma- Sezione diritti della persona e immigrazione civile.
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