Libia: 285 morti, diserzioni tra i militari Il regime minaccia ma promette riforme; www.repubblica.it; 21/02/2011

Repressione nel sangue a Bengasi. Seif al-Islam, secondogenito di Gheddafi, parla in tv: “Complotto per dividere il Paese. Lunedì riunione dell’Assemblea del popolo per discutere della Costituzione. Ma se non vi fermate sarà guerra civile e vinceremo”. L’Ue e gli Usa: “Fermare le violenze”. Ma Tripoli avverte: stop a cooperazione sull’immigrazione se sostenete i dimostranti

TRIPOLI – “La Libia è a un momento critico della sua storia. Già dalle prossime ore l’Assemblea del popolo potrà riunirsi per discutere delle riforme che tutti vogliono e di una Costituzione per il Paese. Ma se la rivolta non si fermerà, sarà la guerra civile. Migliaia di persone stanno arrivando a Tripoli per difendere Gheddafi e la Libia. E lo faranno fino all’ultimo uomo”. E’ un misto di aperture e minacce quello che Seif al-Islam, secondogenito del leader libico Muammar Gheddafi pronuncia davanti alle telecamere della tv di stato al termine di una nuova giornata di violenze, durante la quale erano circolate anche voci di una fuga del padre in Venezuela. “Muammar Gheddafi guida la lotta a Tripoli”, ha dichiarato invece il figlio del Colonnello, assicurando che l’esercito resta fedele al padre e dicendosi certo della vittoria finale.

Il discorso del figlio di Gheddafi. “I movimenti separatisti minacciano l’unità nazionale”, ha detto Seif al-Islam Gheddafi parlando in tv. “Il Paese sta attraversando un momento caotico, le forze armate e la polizia non erano pronte per affrontare questa situazione e hanno commesso errori”, ha ammesso, “ma le cifre sulle vittime diffuse dai media internazionali sono enormemente esagerate”. Il figlio di Gheddafi ha parlato di un complotto diretto dall’estero, e ha ricordato ai libici che il benessere del Paese si basa sul petrolio, e che in una Libia divisa “il pane arriverebbe a costare come l’oro”.

Il Paese è a un crocevia, ha affermato: “Già domani l’Assemblea del popolo si riunirà per discutere di un’agenda chiara di riforme”. Il figlio di Gheddafi ha parlato esplicitamente di una Costituzione e ha promesso un aumento delle paghe. Provvedimenti che però non avranno seguito se le proteste proseguiranno. “Muammar Gheddafi guida l’esercito e migliaia di persone sono pronte a difenderlo”, ha avvertito. “La Libia non è l’Egitto o la Tunisia. Noi non fuggiremo e avremo la vittoria”.

Repressione nel sangue, prime crepe nel regime. Il bilancio ufficioso parla di almeno 285 morti e 700 feriti a Bengasi, seconda città del Paese, principale teatro delle manifestazioni contro il leader. Nonostante la repressione, il regime di Gheddafi inizia a mostrare le prime serie crepe: alcune unità dell’esercito avrebbero disertato unendosi ai rivoltosi. Secondo alcune fonti, Bengasi è ormai in mano ai ribelli. Abdel Moneim Al-Honi, rappresentante permanente della Libia presso la Lega Araba, ha annunciato ad alcuni giornalisti che si dimetterà per “unirsi alla rivoluzione” e protestare contro “la repressione e la violenza contro i manifestanti” nel suo paese. Infine, un leader tribale ha annunciato il blocco delle esportazioni di petrolio se Gheddafi non porrà fine alla repressione e non lascerà il Paese.

Razzi sui manifestanti, appello degli ospedali. Sempre secondo Al Jazeera, l’esercito oggi ha sparato razzi Rpg sui manifestanti a Bengasi. Attraverso il sito Lybia Al Youm, gli ospedali hanno lanciato un appello perché dicono di non essere più in grado di gestire i feriti che stanno affluendo. Occorrono medici, sangue, attrezzature e se possibile, l’allestimento di ospedali da campo.

Scontri tra manifestanti a Tripoli. Gli scontri hanno raggiunto anche la capitale libica. Secondo Al Jazeera, manifestanti sono scesi in piazza e avanzano verso il palazzo presidenziale di Tripoli. Alcune persone lanciano pietre contro i manifesti che rappresentano Gheddafi. Sul fronte opposto sostenitori del colonnello Muammar Gheddafi stanno cercando di fermarli. La polizia è intervenuta con un lancio di lacrimogeni, ma alcuni testimoni parlano di colpi d’arma da fuoco.

Ue: “Fermare le violenze subito”. Un appello a fermare la violenza contro i manifestanti, a garantire il diritto di espressione e a ripristinare il libero accesso ad Internet e ai telefoni è stato rivolto alla Libia dall’Alto rappresentante della politica estera della Ue, Catherine Asthon, al termine di una cena di lavoro tra i ministri esteri della Ue, dedicata alla situazione dei paesi del nord Africa. “Le legittime aspirazioni e richieste del popolo per le riforme devono essere accolte attraverso un dialogo aperto ed efficace a guida libica”, afferma la Ashton.  Preoccupazione è stata espressa anche dall’amministrazione degli Stati Uniti: “Bisogna porre fine a ogni violenza contro i manifestanti pacifici”, ha detto il portavoce del dipartimento di Stato, Philip Crowley.

Tripoli minaccia l’Ue: “Stop collaborazione sull’immigrazione”. Dure parole dal governo libico verso l’Unione Europea, colpevole secondo Tripoli di sostenere le rivolte: “Se continuate a incitare i manifestanti alle proteste nel nostro Paese, interromperemo la nostra cooperazione sul fronte immigrazione”. Lo ha riferito l’ambasciatore di Ungheria, presidente di turno dell’Unione, convocato oggi dalle autorità libiche. A proposito di un possibile allarme immigrazione, Catherine Ashton ha dichiarato: “Abbiamo sentito delle minacce, ma alla fine dei conti la Ue fa ciò che è giusto”, ribadendo che il Consiglio sarà “molto, molto chiaro sulla sua volontà che si ponga fine alla violenza”, e che “E’ molto importante che le voci della popolazione siano ascoltate, ed è quello che chiederemo”.

Contestazione senza precedenti. Il regime di Gheddafi è in preda ad una contestazione senza precedenti contro un potere che dura da più di 40 anni e sta cercando di resistere alle proteste libertarie scoppiate sull’onda delle rivolte in Tunisia ed Egitto. Il leader libico ha reagito con la forza alle manifestazioni di protesta degli ultimi giorni, schierando la polizia in forze. Centinaia di tunisini che lavorano in Libia hanno lasciato il paese attraverso la frontiera di Ras-Jdir, per rifugiarsi nel loro territorio d’origine e fuggire da quella che descrivono come “una vera carneficina”. Lo ha dichiarato Housine Betaieb, responsabile sindacale presente sul posto, aggiungendo: “E’ gente che lavora in Libia e che fugge prima che le succeda qualcosa”.

Estremisti prendono in ostaggio civili e poliziotti. Un gruppo di “estremisti islamici” ha preso oggi in ostaggio poliziotti e civili nell’est della Libia, ha reso noto un alto esponente libico. Il sequestro ha avuto luogo ad Al Baida. “Un gruppo di estremisti islamici, che si fa chiamare ‘emirato islamico di Barka’, tiene in ostaggio dei membri del servizio di sicurezza e alcuni cittadini”, ha detto il responsabile libico, chiedendo di non essere identificato. Il sequestro, secondo quanto si è appreso, è avvenuto “durante gli scontri degli ultimi giorni”, ha aggiunto la fonte di Tripoli, sottolineando che il gruppo “chiede la revoca dello stato d’assedio imposto dalle forze dell’ordine per evitare che gli ostaggi siano uccisi”.

La Farnesina: “Non partite per la Libia”. Il ministero degli Esteri “sconsiglia tassativamente qualsiasi viaggio non essenziale” in Libia. Nell’aggiornamento odierno del sito Viaggiare Sicuri, facente capo alla Farnesina, si ricorda che “manifestazioni di piazza stanno avendo luogo in questi giorni in varie città del Paese” e in particolare si sottolinea la “gravità della situazione” in Cirenaica nelle città di Bengasi, Ajdabya, Al Marj, Al Beida, Derna e Tobruk. La Farnesina consiglia anche di “evitare viaggi” in Bahrein sempre se non strettamente necessari.
La Farnesina comunica di “stare seguendo con la massima attenzione, attraverso l’ambasciata d’Italia a Tripoli, l’evoluzione della situazione in Libia con l’obiettivo di garantire al meglio la sicurezza dei connazionali residenti o temporaneamente presenti nel Paese nordafricano. Gli italiani in Libia che, in queste ore si sono messi in contatto con l’ambasciata stanno ricevendo informazioni e indicazioni di cautela, che vengono trasmessi dall’Ambasciata anche attraverso Sms e messaggi di posta elettronica”. L’Unità di Crisi della Farnesina rimane a disposizione per raccogliere eventuali segnalazioni di criticità.