Oury Jalloh: istituita una Commissione Internazionale Indipendente sulla sua morte

Gli avvocati di Progetto Diritti Mario Angelelli e Arturo Salerni faranno parte di una Commissione Internazionale Indipendente sulla morte di Oury Jalloh, originario della Sierra Leone, morto bruciato in una stazione di polizia a Dessau, in Germania, il 7 Gennaio del 2005.

I membri della Commissione, riunitasi a Berlino il 27 e 28 gennaio scorsi, oltre agli avvocati Salerni e Angelelli, sono: Eddie Bruce-Jones (USA/GB), Fatou Ndour (Senegal/Austria), Bernard Schmid (Germania/Francia), Prof. Iyiola Solanke (GB), Vanessa E. Thompson (Germania), Claus Metz (Germania).

L’istituzione di questa Commissione nasce dalla constatazione di un numero crescente di attacchi – in alcuni casi fatali – contro persone di colore, migranti e persone socialmente svantaggiate da parte di membri della polizia. Il caso Oury Jalloh è sintomatico e vi è urgente necessità di un controllo da parte della società civile sull’azione di polizia. La Commissione ha perciò deciso di avviare i lavori sui seguenti punti:

  1. l’indagine completa sulle circostanze che hanno portato alla morte di Oury Jalloh il 7 gennaio 2005;
  2. un rapporto completo sui motivi per i quali le autorità investigative abbiano esaminato la possibilità che qualcuno abbia ucciso Oury Jalloh solo dopo 13 anni dalla sua morte. In particolare, la Commissione appurerà se le indagini siano state compromesse attraverso false affermazioni, manipolazione delle prove, occultamenti nelle analisi forensi e di medicina legale ed esercizio di pressioni sui testimoni;
  3. se e, in caso affermativo quali, carenze strutturali nelle indagini e nel perseguimento delle violazioni da parte della polizia, abbiano precluso una piena comprensione delle circostanze della sua morte;
  4. che cosa ha portato al perseguimento (penale) dei parenti e amici di Oury Jalloh per il fato di aver chiesto per anni che l’indagine fosse estesa ai membri della polizia includendo il reato di omicidio;
  5. lettura delle circostanze che hanno portato alla morte di Oury Jalloh alla luce del contesto storico e sociale in Germania e in Europa

La Commissione Indipendente Internazionale, per adempiere ai suoi compiti, stabilirà contatti con il Procuratore di Dessau, il Procuratore generale per lo Stato federale di Sassonia Anhalt e il Procuratore generale federale a Karlsruhe, nonché con i rappresentanti del parlamento dello Stato di Magdeburgo attualmente attivi nella nuova commissione giuridica. Essa chiederà inoltre al ministero della Giustizia della Sassonia-Anhalt il pieno accesso ai fascicoli d’indagine e agli elementi di prova.

 

Chi era Oury Jalloh

Oury Jalloh era fuggito dalla Sierra Leone dove infuriava la guerra civile per rifugiarsi in Guinea, dove i suoi genitori vivevano, e poi in Germania, dove aveva fatto richiesta di asilo politico. Nonostante il diniego, aveva continuato a vivere a Dessau ai margini della società e guadagnandosi da vivere attraverso lo spaccio di droga. La polizia lo aveva arrestato il 6 gennaio 2005 per ubriachezza molesta e lo aveva condotto in una cella di sicurezza di un commissariato di polizia a Dessau. Fu lì che Oury morì bruciato.

La morte e le vicende processuali

Durante i processi che si sono svolti negli anni successivi, la ricostruzione dei fatti fornita dagli agenti ha parlato di un detenuto che, nonostante fosse legato mani e piedi, era riuscito a tirar fuori un accendino stranamente sfuggito alla perquisizione, a danneggiare il materasso ignifugo al quale era strettamente fissato con delle cinghie e a incendiarne l’imbottitura, mentre nessuno degli agenti incaricati della sua custodia si era accorto di nulla.

La sera del 6 gennaio, contravvenendo alle norme da seguire in questi casi, il ragazzo era stato lasciato solo, con un agente che ogni mezz’ora passava dalla cella a controllare la situazione. L’ufficiale di turno era rimasto al piano di sopra, avendo nel suo ufficio un sistema di controllo audio collegato direttamente alle celle, ma dovendo fare una telefonata aveva deciso di togliere il volume al microfono installato nella stanza di Oury. L’allarme antincendio era stato inizialmente ignorato e solo in un secondo momento un gruppo di vigili del fuoco sopraggiungeva alla centrale, ma ormai era troppo tardi: le fiamme erano alte ed il corpo di Oury giaceva carbonizzato sul materasso, con mani e piedi ancora legati.

Il caso, considerate le evidenti incongruenze nella tesi ufficiale, suscitò grande clamore nel Paese e all’estero e da allora si susseguono manifestazioni per chiedere che si faccia luce sulle responsabilità della morte di Oury e per protestare contro le ostinate lacune nelle indagini.

Le sentenze hanno finora confermato la tesi più improbabile (il detenuto si sarebbe dato fuoco da solo) e hanno condannato al pagamento di una multa solo l’agente che avrebbe spento l’allarme antincendio evitando perciò di soccorrere l’uomo che bruciava. Da diverse perizie esterne è emerso invece che la vittima, che presentava fratture al naso e lesioni del timpano, non avrebbe potuto suicidarsi in quel modo, inoltre ad accelerare l’effetto devastante dell’incendio sarebbe stato un qualche combustibile, forse benzina. Nessuna traccia del DNA di Oury è stata trovata sull’accendino che sarebbe stato usato per appiccare l’incendio e che è stato fatto ritrovare sulla scena solo tre giorni dopo l’evento. Tra l’altro non era nemmeno la prima volta che in quella stessa stazione di polizia, sotto la direzione dello stesso ufficiale responsabile, accadevano episodi di detenuti morti in circostanze misteriose. Nel 1997 un altro uomo era stato portato alla stazione di Dessau e venne ritrovato morto su un marciapiede poco distante il giorno seguente, mentre nel 2002 un senzatetto venne condotto in cella e fu rinvenuto senza vita l’indomani.

Fra l’altro nell’aprile dello scorso anno, il procuratore Folker Bittmann, che per molti anni aveva difeso il resoconto della polizia sulla morte di Jalloh, ha cambiato idea affermando che un’indagine per omicidio dovrebbe essere aperta. Secondo uno dei documenti resi pubblici dalla WDR, lo stesso procuratore ora crede che Jalloh sarebbe morto prima che l’incendio si accendesse e il materasso sarebbe stato cosparso con un liquido infiammabile, probabilmente per nascondere la prova di un altro crimine contro il prigioniero. Nonostante le ultime rivelazioni, i pubblici ministeri hanno rifiutato di aprire una nuova inchiesta e rinviato il caso alla procura di Halle, che ha dichiarato la causa chiusa il 12 ottobre perché non ci sarebbero prove concrete.

L’avvocato dei familiari di Oury non ha avuto accesso ai documenti del processo per 12 anni e questo rende altresì palese la volontà di ostacolare l’accertamento della verità. Ogni anno in diverse città della Germania il 7 gennaio si svolgono manifestazioni per gridare che quello di Oury Jalloh è stato un omicidio e l’ennesimo episodio di abusi compiuti dalle forze di polizia nei confronti di cittadini migranti.

 

Per contattare la Commissione Internazionale:

uik.ouryjalloh2018@gmail.com

England

International Independent Commission on the Death of Oury Jalloh

c/o Eddie Bruce-Jones, Malet Street, London WC1E 7HX

Germany

Unabhängige Internationale Kommission zur Aufklärung des Todes von Oury Jalloh

c/o Liga für Menschenrechte, Greifswalder Strasse 4, Berlin 10405

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