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Incastrata nel labirinto della detenzione amministrativa: La storia di Sara
Sara (nome di fantasia) è già stata tre volte nel CPR romano di Ponte Galeria, ma il conto potrebbe ancora aumentare. Nonostante sia già stata considerata inespellibile e il suo ultimo trattenimento non sia stato convalidato, Sara sembra incastrata in un labirinto detentivo, per cui corre quotidianamente il rischio di essere portata in un centro di detenzione per il rimpatrio (CPR).
Nata e cresciuta a Roma compie 18 anni nel 2021. La sua famiglia è di origine bosniaca, ma lei non ha alcun legame con la Bosnia. Non parla la lingua. Non ha parenti lì. Tutti in famiglia sono regolari in Italia tranne lei, che da tre anni, da quel 2021 in cui ha compiuto 18 anni, si scontra con frontiere che non ha mai attraversato, ma che ha incorporato per il solo fatto di avere dei genitori senza cittadinanza italiana.
Non passa un anno dal suo diciottesimo compleanno quando viene portata per la prima volta nel Centro di permanenza per il rimpatrio di Roma, unico CPR in Italia ad avere una sezione femminile.
Rimane detenuta un mese e un mese rimarrà anche nel secondo trattenimento sempre nel CPR di Ponte Galeria. Solo il terzo è rapidissimo. Si collega da remoto all’udienza che decide la non convalida del suo trattenimento in quanto non sembra esservi nessuna prospettiva di rimpatrio. Sara è considerata inespellibile ed esce tre giorni dopo il suo arrivo. Seppur breve è comunque un ostacolo, una parentesi troppo ingombrante che la definisce come indesiderabile e non voluta dal Paese in cui è nata. I continui trattenimenti, ma anche la sola minaccia di essi, rendono la sua vita intermittente e sospesa nell’impossibilità di seguire un percorso continuativo di regolarizzazione. Tra continui provvedimenti di espulsione e ricorsi, Sara rimane in attesa, un’attesa da irregolare. È un cortocircuito: procedimenti tutti identici l’un l’altro intasano un sistema di giustizia già intasato. Sara aspetta sentenze già decise. Perché è stata tre volte nel CPR e tre volte è stata rilasciata essendo chiaramente inespellibile. Perché anche se già assolta una volta nel 2023, per una seconda volta si troverà davanti a un giudice di pace penale che dovrà decidere in merito a una seconda accusa di reato di non ottemperamento del provvedimento di allontanamento.
Nell’ottobre del 2022 l’avv. Tardella di Progetto Diritti ha presentato ricorso contro il provvedimento di espulsione in violazione dell’art. 14 del d.lgs 286/1998; la violazione dell’art.8 della CEDU e dell’art.19 del Testo Unico Immigrazione. In sintesi, tradotto, Sara correrebbe il rischio di sradicamento e allontanamento dai legami familiari e dunque il provvedimento dovrebbe essere dichiarato illegittimo e, nelle more, anche sospeso. Nel frattempo Sara attende la sentenza che potrebbe farla uscire da questo groviglio di irregolarità.
La detenzione amministrativa agisce sulla vita di molte altre persone rom nate in Italia, fungendo da strumento punitivo nei confronti di un gruppo sistematicamente oggetto di razzismo strutturale e istituzionalizzato. Anziché creare una comunità sicura capace di accompagnare e accogliere, il sistema CPR alimenta la situazione di irregolarità di Sara nel Paese dove ha sempre vissuto.
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Stiamo portando avanti progetti sulle alternative alla detenzione amministrativa delle persone migranti ‘irregolari’ trattenute nei c.p.r.: ci impegniamo per assistere e supportare persone sprovviste di regolare permesso di soggiorno ed esposte al rischio di detenzione amministrativa, accompagnandole nel loro percorso per la regolarizzazione.
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Visto negato a famiglia bengalese: il Tribunale di Roma accoglie il ricorso dei legali di Progetto Diritti
Il Tribunale ordinario di Roma, Sezione diritti della persona e immigrazione civile, ha accolto il ricorso proposto dagli avvocati di Progetto Diritti, Mario Antonio Angelelli (Presidente) e Sofia Guerrieri, avverso il provvedimento con il quale l’Ambasciata d’Italia a Dhaka aveva rigettato le domande di visto di reingresso avanzate dalla moglie e dai due figli minori nati a Roma di un cittadino bengalese e per l’effetto ha ordinato il rilascio dei visti in questione. Il ricorrente nel 2014 aveva fatto arrivare la moglie in Italia tramite la procedura di ricongiungimento familiare e qui successivamente erano nati i due figli minori. Alla fine del 2019 tutta la famiglia era tornata in Bangladesh per fare visita ad alcuni parenti ed era rimasta bloccata nel Paese per lo scoppio della pandemia da Covid-19. Quando alla fine del 2020 era stato possibile tornare a viaggiare, il permesso di soggiorno della moglie e dei figli era già scaduto, così il ricorrente era stato costretto a rientrare in Italia da solo; inoltre la moglie, dal febbraio 2020 all’ottobre 2022, era stata in cura per uno stato depressivo che le aveva impedito di viaggiare. Quando erano state presentate le domande di visto di reingresso l’Ambasciata le aveva rigettate per “mancanza dei requisiti prescritti dall’art. 8 commi 3 e 4 del DPR 394/99, nonché dal decreto interministeriale n. 850/2011, in quanto risulta aver lasciato il T.N., di risiedere in Bangladesh e di essere sprovvisto di permesso di soggiorno valido”, decisione che non aveva tenuto conto né dei gravi motivi che non avevano permesso ai familiari del ricorrente di fare rientro in Italia nei limiti di tempo consentiti, né, tantomeno, del superiore interesse dei minori e dei legami familiari, in violazione delle direttive europee sul diritto al ricongiungimento familiare di un cittadino di un Paese terzo e delle norme poste a tutela del diritto alla vita privata e familiare. La giudice Dott.ssa Silvia Albano, dopo aver ritenuto infondata l’eccezione sollevata da parte resistente in ordine al difetto di legittimazione ad agire del ricorrente, nel merito ha stabilito che deve essere considerato preminente il superiore interesse del minore in quanto principio di ordine pubblico interazionale sancito in primo luogo dalla Convenzione sui diritti del fanciullo stipulata a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176. In forza di tale principio “si ritiene che, nonostante il superamento dei termini previsti dalla normativa per l’ottenimento di un visto di reingresso, il diritto all’unità familiare debba trovare tutela attraverso il rilascio di un nuovo visto per motivi familiari ai sensi dell’art.20 D.lgs. 150/2011, in base al quale la sentenza che accoglie il ricorso nelle controversie ex art.30 comma 6 TUI può disporre il rilascio del visto anche in assenza del nulla osta.”
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Democrazia sindacale e regole sulla rappresentanza: un convengo di dibattito
Si è tenuta oggi, lunedì 8 luglio, presso il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro il dibattito, promosso dalla confederazione Unione Sindacale di Base e dal Centro di Iniziativa Giuridica Abdelsalam, sui temi della democrazia e della rappresentanza sindacale, per la definizione di nuove regole.
All’incontro ha partecipato Arturo Salerni di Progetto Diritti.
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Progetto Diritti contro ogni razzismo
In riposta alla violenza razzista che ha avuto luogo a Torpignattara, Progetto Diritti partecipa con Arci, Anpi Roma e le comunità solidali del quartiere all’assemblea aperta al Parco Sangalli, oggi pomeriggio, martedì 2 luglio, alle ore 19.
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