268 persone, fra cui 60 bambini potevano essere salvati l’11 ottobre del 2013. Ma la Marina Militare italiana ordinò alla sua motovedetta, che si trovava a un’ora e mezzo dal peschereccio con a bordo 480 siriani, di nascondersi per far intervenire le unità maltesi. Gli avvocati di Progetto Diritti Gaetano Mario Pasqualino e Arturo Salerni, insieme all’avvocata Alessandra Ballerini, difendono le famiglie dei sopravvissuti e hanno ottenuto che il Tribunale di Palermo respingesse l’archiviazione delle indagini. Un’approfondita inchiesta di Fabrizio Gatti per l’Espresso ricostruisce l’intera vicenda e ha contribuito a far sì che questa storia imbevuta di vigliaccheria, scaricabarili criminali, impietosa indifferenza e morte, non passasse sotto silenzio.
“Il naufragio dei bambini”. Così tutti conoscono, grazie all’inchiesta realizzata da Fabrizio Gatti per L’Espresso, uno degli episodi più tragici avvenuti al largo delle nostre coste e, al contempo, uno di quelli che mettono più in luce la gravità delle azioni omissive e commissive legate alle scelte politiche che regolano l’approccio del nostro Paese e dell’Europa al fenomeno migratorio.
Era l’11 ottobre del 2013. Una settimana dopo il naufragio dell’isola dei conigli e una settimana prima del varo dell’operazione Mare Nostrum. Un peschereccio con a bordo 480 siriani partiti dalla Libia sta imbarcando acqua e ha già dei feriti a bordo. “Fate in fretta per favore, stiamo morendo…” queste le parole che il medico Mohammed Jammo che è a bordo dell’imbarcazione con la sua famiglia, rivolge agli operatori della Guardia costiera italiana che si avvicendano all’altro capo del telefono. Parole che si fanno sempre più disperate perché alle diverse chiamate non segue nessun soccorso. Parole che vengono da un’imbarcazione che si sta per rovesciare a sole 61 miglia da Lampedusa, e a cui una voce indifferente risponde di chiamare Malta, perché quello sarebbe lo Stato competente. Ma Malta è molto più lontana, a 118 miglia. Il peschereccio si trova in realtà nell’area di competenza maltese per le attività soccorso, non nelle acque territoriali maltesi.
Ad appena un’ora e mezzo di navigazione dal peschereccio che sta affondando, c’è Nave Libra, il pattugliatore della Marina italiana. Per cinque ore viene lasciata in attesa senza ordini. I comandi militari italiani sono preoccupati di dover poi trasferire i profughi sulla costa più vicina. Così non mettono a disposizione la loro unità, nonostante le numerose telefonate di soccorso e la formale e ripetuta richiesta delle Forze armate maltesi di poter dare istruzioni alla nave italiana perché intervenga. Dopo cinque ore di attesa il barcone si rovescia. Muoiono 268 persone, tra cui 60 bambini. Fra loro due dei figli del Dottor Jammo.
L’Espresso ricostruisce dettagliatamente la dinamica dei fatti a disposizione grazie alle telefonate intercorse tra i naufraghi, la guardia costiera Italiana e Le Forze armate di Malta. Documenti agghiaccianti, che testimoniano uno scaricabarile criminale tra la guardia costiera e i vertici della Marina che a un certo punto, quando la situazione di emergenza sul peschereccio è più che acclarata, ordinano alla Nave Libra di allontanarsi e andare a nascondersi oltre l’orizzonte, per far intervenire le motovedette Maltesi. Gli avvocati di Progetto Diritti, Gaetano Mario Pasqualino e Arturo Salerni, insieme all’Avvocata Alessandra Ballerini, assistono i familiari dei sopravvissuti e si sono opposti con determinazione alla volontà di calare il silenzio su questa strage, lasciandola senza colpevoli.
Dopo 4 anni e due richieste di archiviazione, una in capo al Tribunale di Roma e una al Tribunale di Agrigento, finalmente comincia a profilarsi la speranza di far luce sulla vicenda e individuare le responsabilità penali di quanti hanno, con la loro condotta, “cagionato la morte di circa 300 migranti al largo di Lampedusa”. Questo si legge nell’ordinanza del Gip Francesco Provenzano del Tribunale di Agrigento, che ha respinto la richiesta di archiviazione e stabilito che la comandante della nave Libra, Catia Pellegrino, due ufficiali della sala operativa della Guardia costiera e il comandante in capo della Squadra navale della Marina militare in servizio all’epoca dei fatti (ancora da individuare) vadano indagati per il reato di omicidio in concorso, con la circostanza del dolo eventuale. Provenzano ha disposto inoltre la trasmissione degli atti per competenza territoriale alla Procura di Roma, che ha ordinato che si formulino le imputazioni.
Qui il videoracconto del naufragio realizzato d L’Espresso.