L Ilo mette sotto accusa l Italia “Migranti, violate le convenzioni”, La Repubblica, 12/06/2009

Audizione per il governo italiano, unico in Europa
chiamato a rispondere sulle condizioni dei lavoratori stranieri

L’Ilo mette sotto accusa l’Italia “Migranti, violate le convenzioni”

L’Organizzazione internazionale del lavoro esprime dubbi anche sui respingimenti verso la Libia
Il ministro del Welfare Sacconi protesta formalmente e diserta la conferenza
di VITTORIO LONGHI 

GINEVRA – Dopo il governo panamense, prima di quello etiope. L’audizione del governo italiano alla 98° conferenza internazionale del lavoro si è tenuta ieri pomeriggio, terza in programma tra le audizioni di altri 24 paesi, di cui nessuno europeo. Il governo è stato chiamato dall’Organizzazione internazionale del lavoro, Ilo, a rispondere delle pesanti accuse di discriminazione verso i lavoratori migranti e perciò di violazione della convenzione 143, ratificata dall’Italia nel 1981, che invece ne promuove la parità di opportunità e di trattamento. Il comitato di esperti dell’agenzia Onu ha chiesto chiarimenti anche sul decreto sicurezza e sull’accordo con la Libia, misure che destano perplessità nella comunità internazionale.

La risposta del governo. Durante il dibattito, il direttore del dipartimento immigrazione al ministero del Welfare, Giuseppe Silveri, non ha risposto in merito alla convenzione 143 e ha detto subito di trovare “ingiuste” le osservazioni del comitato di esperti Ilo. Ha elencato invece i progetti finanziati per l’integrazione delle minoranze Rom e Sinti, ha parlato delle ispezioni per contrastare il lavoro nero e dell’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, Unar, governativo che ha aperto una pagina web per le denunce di discriminazione. Sul decreto sicurezza e sul reato di clandestinità, Silveri ha ripetuto, tentando di rassicurare, che “ancora non si tratta di una legge, il testo è in discussione, è stato più volte modificato e potrebbe esserlo di nuovo”. “Perciò – ha concluso – non si possono fare commenti”. E oggi si è appreso che il ministro Maurizio Sacconi non parteciperà alla conferenza la prossima settimana, come previsto. Sembra che lo stesso Sacconi – che tra l’altro è stato direttore dell’Ufficio italiano dell’Ilo dal 1995 al 2001 – abbia protestato formalmente con l’Organizzazione per la convocazione.

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Le accuse all’Italia. A marzo l’Ilo aveva pubblicato il rapporto annuale degli esperti e dal documento emergeva chiaramente che in Italia gli immigrati, sia regolari sia irregolari, sono vittime di discriminazione non solo in forma diretta, con trattamenti differenziati nel lavoro, ma anche indiretta, per il clima di evidente razzismo diffuso nel paese, specialmente nei confronti di romeni, Rom e Sinti. Accuse che nei mesi scorsi si sono sommate alle preoccupazioni del Consiglio d’Europa e per la crescente xenofobia e alla contrarietà ai respingimenti verso la Libia espressa dall’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati.

La denuncia del sindacato. Sulla base di quel rapporto sono stati poi Cgil, Cisl e Uil a portare in discussione il caso italiano alla conferenza “tripartita” dell’Ilo costituita da rappresentanti dei governi, delle imprese e dei sindacati. “In generale, le discriminazioni dei migranti regolari – ha spiegato nel suo intervento Leopoldo Tartaglia, a nome delle tre confederazioni – vanno dall’accesso ai posti pubblici, negati a chi non ha cittadinanza italiana, al trattamento economico (il 40% in meno rispetto agli italiani), fino al mancato utilizzo dei titoli di studio conseguiti all’estero, perché non riconosciuti”.

Discriminati sul lavoro. In particolare, la convenzione 143 dice che quando un migrante viene trovato a lavorare in condizione di irregolarità “deve avere parità di trattamento nel rispetto dei diritti che emergono da un lavoro svolto, rispetto al compenso, ai contributi e ad altri benefici”. Invece, secondo i sindacati, nella pratica a un “clandestino” non è garantito il diritto alla remunerazione, tanto meno ai contributi previdenziali, visto che la denuncia si traduce spesso in un’espulsione. Non solo. Il trattato internazionale stabilisce che i migranti regolarmente occupati e residenti “non possono essere considerati irregolari per il solo fatto di avere perso il lavoro, cosa che non può implicare il ritiro del permesso di soggiorno”, come invece prevede la Bossi-Fini dopo sei mesi di disoccupazione.

L’accordo con la Libia. Durante l’audizione il presidente del gruppo internazionale dei sindacati, Luc Cortebeck, ha definito le risposte del governo italiano “insufficienti” e ha ripetuto alcune delle richieste di chiarimento già rivolte dal comitato di esperti. Tra queste, anche quella sull’accordo con la Libia, dato che la convenzione 143 prevede misure di protezione per le vittime di abusi e traffico di esseri umani. Entro settembre il ministero del Lavoro italiano dovrà fornire all’Ilo “informazioni sugli sviluppi legislativi che riguardano la protezione dei migranti vittime di abusi e di sfruttamento, così come l’istituzione di una commissione che individui azioni di contrasto alla violenza e allo sfruttamento dei migranti”. Difficile dire come l’Italia potrà spiegare la politica dei respingimenti sommari previsti dall’accordo.