Ieri Niang Maguette, 54 anni, originario del Senegal, si accasciava sul marciapiede di via Beatrice Cenci, all’ingresso del Ghetto, dopo aver passato la mattinata a scappare dal blitz contro l’abusivismo di qua e di là del Lungotevere. Si guadagnava da vivere, per sé e i suoi tre figli, facendo il venditore ambulante. Non sono ancora chiare le dinamiche che hanno portato al suo decesso, ma ci aspettiamo che su questa vicenda terribile, opaca la Procura non accetti ricostruzioni che prescindano da doverosi accertamenti e da un approfondito lavoro di investigazione.
Solo pochi mesi fa, a dicembre, un cittadino di origini mauritane, anche lui venditore ambulante, veniva investito da una volante della polizia municipale che lo inseguiva viaggiando a forte velocità. Mamadou, questo il nome del cittadino mauritano, si trovava nei pressi di Castel Sant’Angelo insieme ad altri venditori abusivi. Aveva raccolto la sua mercanzia (aste per selfie) e si era allontanato rispondendo a un’ingiunzione di due agenti della polizia municipale. Poco lontano, però, alla vista di un’altra volante, aveva iniziato a correre. In seguito all’impatto con l’auto Mamadou ha riportato lesioni gravissime a una gamba. È già stato sottoposto a un intervento, a cui ne seguiranno altri, senza aver ancora recuperato la possibilità di deambulare, cosa che forse non avverrà mai completamente. Assistito dall’avvocato Luca Santini di Progetto Diritti, ha sporto denuncia contro ignoti per lesioni colpose gravissime, ma intanto è stato a sua volta denunciato per resistenza a pubblico ufficiale.
Le evidenti analogie coi fatti gravissimi accaduti ieri, testimoniano, innanzitutto, la brutalità dei metodi con cui le forze dell’ordine agiscono nei confronti di persone che spesso non hanno altre possibilità di provvedere alla sopravvivenza propria dei propri familiari, se non il commercio abusivo. Inoltre la dicono lunga sull’inutilità di questi interventi, in cui a un uso spropositato della forza e alla spettacolarizzazione, non corrisponde alcuna efficacia nell’ottica della prevenzione del fenomeno dell’abusivismo. Non si risponde a un bisogno con la repressione, non si subordinano le vite umane all’ideologia del decoro.